Il destino della compagnia secondo i politici

Sono tante e diverse le posizioni dei vari schieramenti politici sulla sorte di Alitalia. «Vorrei che nelle trattative restasse chiaro che Alitalia rimanga un simbolo italiano», ha detto ieri il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, in sintonia con Gianfranco Fini, leader di An, che benedice il matrimonio per la «dichiarata volontà dei francesi di non cancellare quella che impropriamente si definisce “compagnia di bandiera”, è un riconoscimento esplicito al brand e al tricolore italiano». Il leghista Roberto Maroni, invece, spera che «Air France non voglia fare un’offerta e che sia il nuovo governo a chiudere la partita, è l’unica condizione che poniamo». Il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, sull’argomento, lo scorso 17 febbraio, era più morbido: «Alitalia vada pure da Air France, vada in Francia perché altrimenti fallirebbe, ma Malpensa e i lavoratori vanno salvati». Da parte del centrosinistra, invece, risale a dieci giorni fa la presa di posizione del leader del Pd, Walter Veltroni, il quale si augurava che la questione-Alitalia venisse tenuta fuori «dal tritacarne elettorale». Sempre Veltroni: «Su Alitalia decida il mercato e il destino di Malpensa va sganciato da quello della compagnia di bandiera». Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, un mese fa si dichiarava contrario a cordate italiane «improbabili» messe in piedi solo per non vendere a Air France. «Alitalia deve stare sul mercato - sottolineava Casini -.

Bisognerebbe salvaguardarne l’italianità». Fausto Bertinotti, leader della Sinistra Arcobaleno, infine, l’estate scorsa sosteneva l’italianità della società: «Un grande Paese come l’Italia non può non avere una compagnia di bandiera».

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