Detenuto per 8 anni ma l'assassinato era ancora vivo

Nell'Italia degli anni '50 un uomo sparisce. Il fratello viene condannato per omicidio. E il "morto" va dai carabinieri

Detenuto per 8 anni ma l'assassinato era ancora vivo

Era l'imbrunire del 6 Ottobre del 1954. L'Italia aveva Luigi Einaudi come Presidente della Repubblica ed erano da poco iniziate, il 3 gennaio, le trasmissioni Rai. L'Italia era un Paese con forti contraddizioni; da una parte poteva contare su un reddito pro-capite medio di 258 mila lire il mese (135 euro oggi) dall’altra vantava già circa 15 mila utenti con il televisore che, all'epoca, costava circa 160 mila lire.

In un clima fatto di forti contrasti e grandi differenze, in un Paese che stava cercando di uscire dal periodo bellico con grande energia quel 6 Ottobre 1954, ad Avola in provincia di Siracusa una signora di mezz’età si stava dirigendo verso il commissariato di polizia per denunciare la scomparsa di suo marito Paolo Gallo, da tutti chiamato Chiodo, che uscito il giorno precedente per andare sui campi dove faceva il contadino, non era più tornato a casa.

Nel Commissariato di Avola i Carabinieri incalzavano la moglie dello scomparso facendo emergere i non buoni rapporti con il fratello, Salvatore Gallo, anche lui contadino. I pessimi rapporti tra i fratelli Gallo vennero subito suffragati dalle voci di paese che vedevano i due spesso accapigliarsi per futili motivi nelle strade di Avola.

La moglie di Paolo Gallo, lo scomparso, indicò subito i luoghi ed i campi dove il marito era solito andare per svolgere la sua attività di contadino. Con grande solerzia gli investigatori ricercarono tracce di sangue nei campi dove la vittima era solito dirigersi. Così, mentre venne incaricato il medico legale dottor Ferdinando Nicoletti di accertare la compatibilità del gruppo sanguigno trovato nei campi con quello della vittima, i Carabinieri fecero visita alla casa di Salvatore Gallo, fratello dello scomparso.

I risultati di queste due verifiche incrociate furono drammatici.

A casa di Salvatore Gallo vennero ritrovate tracce di sangue e, il medico legale, non solo li considerò compatibili con il sangue ritrovato nei campi ed uguale a quello dello scomparso, ma anche di una quantità tale che non lasciava margine al dubbio; lo scomparso Paolo Gallo non poteva essere vivo.

Salvatore Gallo venne immediatamente arrestato, assieme al figlio Sebastiano, per aver ucciso durante una lite furibonda il fratello Paolo. Non solo; l'aggravante per Salvatore e Sebastiano è l'occultamento del cadavere e la pervicacia con cui, padre e figlio, si ostinavano a non voler riferire il luogo in cui avevano seppellito la vittima. La difesa di Salvatore Gallo fu flebile limitandosi a dire con fermezza che , nonostante i pessimi rapporti con il fratello, mai e poi mai avrebbe pensato di ucciderlo. Sul sangue ritrovato sia a casa sia nei campi Salvatore Gallo diede una spiegazione, per gli inquirenti troppo rozza, riconducendo quel sangue a quello di un agnello da lui ucciso pochi giorni prima. A nulla valsero le testimonianze di due altri contadini di Avola tale Masuzzo e La Quercia che dichiarano di avere visto, dopo la denuncia di scomparsa, Paolo Gallo nei paesi limitrofi aggirarsi tranquillamente. Sia Masuzzo che la Quercia furono repentinamente condotti in carcere con l'accusa di falsa testimonianza. Saranno liberati dopo mesi di galera ma soprattutto dopo aver ritrattato la loro versione. Intanto sia in primo grado sia in appello Salvatore Gallo è condannato all'ergastolo ed il figlio Sebastiano a 14 anni. Inutile il ricorso in Cassazione. Così i due passarono 7 lunghi anni nelle patrie galere.

Salvatore Gallo fu trasferito nella prigione di Ventotene anche lontano dai familiari che così non lo poterono andare a trovare. Il caso era formalmente chiuso, anche se il cadavere ,ancora, non si era ritrovato. Dopo molti anni un giornalista del quotidiano La Sicilia Enzo Asciolla decise di capire davvero, cosa che forse avrebbero dovuto fare gli inquirenti, cosa fosse successo quel 6 ottobre 1954.Così partendo semplicemente da alcune dichiarazioni di dove fosse stato visto la vittima l'ultima volta iniziò a scrivere una serie di pezzi che tennero per mesi i lettori del La Sicilia inchiodati alla vicenda. Un giorno del 1962, quasi otto anni dopo, un contadino si diresse verso la caserma di Santa Croce Camerina, un paese di poche migliaia di abitanti in provincia di Ragusa e più di 70 chilometri da Avola, per sporgere denuncia. Quel signore era Paolo Gallo la presunta vittima che fu poi rintracciato in un tugurio da un carabiniere che si mosse dopo aver visto la firma della denuncia. Paolo Gallo dichiarò che il 6 ottobre 1954, aveva ricevuto una botta in testa che gli aveva fatto perdere conoscenza e che, una volta risvegliato, decise di scappare dalla moglie che lo soggiogava quotidianamente e, dalla quale, già molte altre volte aveva cercato di fuggire. Intanto Salvatore Gallo fu liberato ma il suo stato di salute era compromesso. Uscì su una sedia a rotelle e con una pesante artrosi che, nel carcere di Santo Stefano a Ventotene, lo aveva colpito.

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