Le devozioni domestiche recitate da Turi Vasile

Oggi, Turi Vasile (classe 1922) veleggia indomito tra gli ottanta e i novant’anni, e da eclettico autore - cineasta e produttore, drammaturgo e narratore - qual è stato e qual è tira fuori un nuovo libro, Morgana (Avagliano, pagg. 215, euro 13), ove evoca il posto e il riposto della sua movimentata carriera creativa e, insieme, della sua più appartata, intima avventura esistenziale. È un libro singolare, Morgana, difficilmente catalogabile, strutturato da un addensarsi eterogeneo di fatti, esperienze, eventi capitali o privatissimi divagante tra la stagione adolescenziale-giovanile nella favolosa-favoleggiata Sicilia natale (di qui quel richiamo alla trasfiguratrice Fata Morgana) e i più tardi, fertili anni del soggiorno romano.
Ricorrono così le figure amate dei genitori, della compianta moglie Silvana, di amici e parenti solidali. E, ricorrono, insieme a simili personaggi, i luoghi dell’anima, le rimpiante incursioni negli anfratti dei ricordi, di un’ostinata e consolante memoria. Più che una dimensione romanzesca, perciò, sarebbe lecito definire Morgana il «libro delle devozioni domestiche», un rendiconto puntuale, preciso della passione di vivere, di fare, di cimentarsi assiduamente con la scrittura, il cinema, il teatro.
Come regista Vasile ha firmato Le gambe d’oro e I colpevoli. Come drammaturgo ha scritto I cugini stranieri e Le notti dell’anima. Come narratore ha pubblicato Paura del vento, Un villano a Cinecittà, L’ultima sigaretta. E sulla perspicuità di simile proteiforme attitudine creativa può sopperire la commendatizia fornita dalla grande Suso Cecchi D'Amico: «La Film Costellazione era una casa di produzione animata da Mario Melloni, cioè “Fortebraccio”, che allora era ancora democristiano, da Fabbri e da Turi Vasile, e sia io che Flaiano lavorammo parecchio per loro...».


Dominante, poi, si mostra in Morgana non già l’indulgenza autobiografica, ma proprio il vissuto esistenziale e storico d’un uomo del nostro tempo, giusto secondo il dettato di Sigmund Freud quando asserisce che «la memoria viene a dislocarsi nella sfera della ragione e il ricordo in quello dell’affettività» pur se «la memoria è una lucida codificazione del passato; e il ricordo è l’evoluzione di un’emozione-evento che si perpetua nel presente divenire dei nostri sentimenti».

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