Diaz, ecco le prove che la polizia non depistò l’inchiesta di Genova

Ignorate le perizie che dimostrano il lancio di oggetti dai no global e l’accoltellamento di un agente. Mortola (Digos) confermò il ferimento di Nucera. "nella scuola Pascoli frequentata dai parlamentari c'erano molotov e tute nere"

Diaz, ecco le prove che la polizia non depistò l’inchiesta di Genova

nostro inviato a Genova

Tra le convinzioni della procura di Genova in merito ai presunti falsi, e quindi al depistaggio a tutti i livelli della polizia di Stato, c’è il lancio di oggetti che secondo gli agenti (ma non per la procura) sarebbe avvenuto dalle finestre della scuola Diaz durante il blitz. A sostegno della tesi inversa, i pubblici ministeri esibiscono alcuni filmati, in realtà poco visibili per l’oscurità. Vengono così incaricati i Ris che in una perizia pur escludendo la presenza di «grossi oggetti» non se la sentono di negare il lancio di pietre, sassi, calcinacci. Per tagliare la testa al toro nel corso delle indagini viene nominato consulente «video» tal Piergiorgio Paganini al quale si chiede di rendere visibile il girato. Il 4 aprile del 2002 Paganini a verbale dichiara con assoluta certezza che «gli agenti vengono colpiti da oggetti provenienti dall’alto». Sarà un caso, ma di Paganini non si saprà più nulla: non verrà chiamato a testimoniare in aula nè, stando alla nota-spese esibita dall’autorità giudiziaria, verrà pagato per il disturbo. I verbali dei poliziotti della Diaz parlano di oggetti contundenti che piovevano dalle finestre. I numerosi ferma-immagine sugli uomini in divisa antisommossa dimostrano come a un certo punto, all’unisono, tutti alzano gli scudi per proteggersi. Tra gli oggetti sequestrati in cortile figurerà anche una «mazza spaccapietre». Uno che non indossa la divisa, ma solo il camice da infermiere, e che quindi non può essere sospettato di collusioni con le forze dell’ordine, conferma la versione dei poliziotti. Tal Giuseppe Galanti spiega in aula - come già affermato in diretta in una telefonata alla centrale del 118 - che dalle finestre della scuola pioveva di tutto, che avevano provato a ripararsi con i caschi e che temevano un attacco dei no global.
Altro presunto depistaggio della polizia, stando al ragionamento dei pm, avviene con il finto accoltellamento dell’agente Massimo Nucera nel corso dell’irruzione alla Diaz. La procura è convinta che Nucera, il taglio sulla divisa, se lo sia inferto da solo o perchè istigato da un superiore. Il Ris conferma tale tesi, ma non convince. A smentire la scientifica dei carabinieri è la superperizia del Tribunale che conferma la compatibilità tra il taglio e quanto dichiarato da Nucera. Sintomatica la conclusione del perito Carlo Torre che, rifacendosi alla consulenza del Ris, osserva: «È insensato tentare di riprodurre un evento dinamico descritto dall’agente Nucera utilizzando a freddo controfigure statiche. Se non si trattasse di documento che può assumere valenza in un processo penale, ci si sentirebbe autorizzati a coglierne qualche comicità».
Sempre il Ris viene chiamato in causa per un altro taglio, stavolta in un filmato. Parliamo del video 199 in cui Spartaco Mortola, l’allora dirigente della Digos di Genova, parla al cellulare con il magistrato di turno, Francesco Pinto, a cui riferisce in diretta dell’accoltellamento di Nucera. Telefonata centrale nel processo, perché smentisce anche la tesi secondo cui la magistratura venne tenuta all’oscuro di quanto stava accadendo alla Diaz. Dal video si sente distintamente Mortola che si rivolge a Canterini nel mentre ha al telefono il pm: «Scusa Canterini, c’è un agente dei nostri ferito con una coltellata?». Dal video si vede Canterini far «sì» con la testa. A quel punto, Mortola, dice al telefono al pm: «Ci hanno provato».
Nonostante la voce sia percepibile dal video, il Ris - incaricato dal pm di estrarre il materiale sonoro - fa stranamente ricorso a un audioleso, che non percepisce la frase in realtà ben percepibile. Ma c’è di più. A dibattimento avviato il Ris deposita un’ulteriore consulenza finalizzata alla «ottimizzazione e ripulitura» dei filmati dove, stranamente, la telefonata tra il poliziotto e il magistrato viene completamente tagliata. Il motivo non si conosce e assolutamente non si può far risalire alla versione data dal pm Pinto che ha sempre sostenuto di aver ricevuto «una o al massimo due telefonate» di brevissima durata. I pm hanno chiesto conto a Mortola delle mancate comunicazioni alla procura ma la risposta del funzionario ha lasciato interdetti i presenti: «Guardate che io ne ho fatte una marea di telefonate». La difesa, e non l’accusa, ha chiesto e ottenuto l'acquisizione dei tabulati del pm Pinto che comprovano un traffico intenso di telefonate tra lo stesso magistrato e il poliziotto: venticinque minuti in appena due ore. Anche il vice di Mortola, Alessandro Perugini, contatta ripetutamente Pinto: gli fa sei telefonate, una addirittura dura quasi dieci minuti. Dire che la magistratura non sapesse niente della Diaz, è alquanto riduttivo se si pensa che anche prima del blitz venne preallertato telefonicamente anche il pm Anna Canepa.
Altro capitolo mai sviluppato è quello della scuola Pascoli, sede dei «buoni» del Genoa Social Forum, di fronte alla Diaz. Dalle foto allegate alla consulenza del Ris di Genova si scoprono mazze e bastoni (foto 249), maschere nere (foto 96), stanza piena di vestiti neri e caschi (foto 90), carrello con bottiglie vuote e una piena di petrolio (foto 86-87) catene (foto 29) e persino un candelotto lacrimogeno non in uso alla polizia, di marca Grenade Mp7 commando. Un po' troppo per un luogo immacolato, dove si accedeva solo con apposito passi, frequentato da Casarini, Agnoletto e parlamentari di sinistra e che aveva tra i suoi ospiti Anna Curcio, attualmente imputata per associazione sovvervisa a Cosenza, processo dove sono confluite le telefonate dei black bloc di Genova che frequentavano la Pascoli, ma anche la Diaz dove di mazze ne sono state rinvenute tante. I pm hanno sempre sostenuto che la polizia le avesse prelevate da un cantiere edile lì vicino. Sicuri di tale tesi hanno convocato in aula il titolare della ditta Tecnoconsul, Sergio Gaburri, e il suo capocantiere Luigi Del Papa. All'esibizione delle foto del materiale sequestrato alla Diaz, i due hanno escluso categoricamente che si trattasse di materiale proveniente dal loro deposito di attrezzi da lavoro.
Le indagini sulla Pascoli non ci sono mai state, l’unico procedimento aperto vede imputati due funzionari di polizia, prima accusati di furto, poi di «peculato omissivo» per la scomparsa di due hard disk dai computer degli avvocati del Genoa Social Forum. Scomparsa addebitata a due improvvisati hacker con la divisa che, senza essere visti da nessuno dei tanti testimoni presenti, avrebbero provveduto a smontare i computer per catturare i segreti del Gsf.

A seguito di questa rarissima contestazione i due funzionari si sono visti recapitare dal ministero dell’Interno un provvedimento (obbligatorio per questo tipo di reato) che in attesa di un verdetto intanto stronca a entrambi la carriera.
(2. fine)

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