Ed eccoci a vagare nelle strade che erano le nostre, tra stranieri sempre più a loro agio, mentre noi siamo ridotti a felicitarci di ritrovare almeno ogni tanto un viso consueto. Così il vicino a cui non avevamo mai badato diventa prezioso, rassicurante. Perché almeno lui è italiano, come l'altro passante che a sua volta ci riconosce e pure lui si riconforta: i nostri visi per fortuna sono restati quelli di una volta, di prima dell'euro, della Ue larga, e della globalizzazione. Questo riconoscerci più volentieri, del resto, è uno dei rari frutti buoni originati dalle manie globalizzanti. Per il resto l'algebra dei vantaggi sociali, del più e del meno di migrazioni, euro e globalismi, ormai inquieta, solo che ci si inizi a pensare. Ed è ora che qualcuno inizi a dirlo, a fare i conti di quanto quasi tutto è andato alla rovescia di come ci avevano promesso, ad esempio i prodiani ed un certo europeismo.
L'Europa, per costoro, andava fatta anzitutto per inglobare la Germania, e inoltre far sì che tutti gli staterelli d'Europa non finissero come i Balcani in guerra. Lo si spiegava allora quasi ogni giorno. E ancora ricordo uno dei colloqui a riguardo con cui Ciampi mi onorò al Tesoro. Insomma l'euro, e la Ue estesa, servivano la pace in Europa. Risultato: la Germania è più forte di prima e si trova adesso per di più un'area tutta sua geopolitica ad Oriente. Ma questo è il discorso più complicato. Quello più elementare, afferrabile a tutti, è che per causa di quelle scelte siamo noi ora a non stare davvero più in pace. A sentirci insicuri, nei beni e negli affetti, tra violenze di strada, paragonabili soltanto a quelle di un passaggio del fronte. Anzi peggio, perché il fronte stavolta non passa mai, e i guai aumentano. Tra l'altro ogni smorfia con cui il così medusaceo Veltroni simula fermezza, conferma ormai, persino meglio di Luxuria, lo zingaro, o l'islamico, o lo spacciatore in un'idea di facile conquista.
E lasciamo perdere le rassicurazioni del povero Prodi sulla nostra sicurezza. Teniamoci alla grande politica: la pace perpetua europea ci ha tolto la nostra di pace. Né poi con le promesse economiche dell'euro, è andata meglio. Fatto l'euro si è rimandato in Italia il risanamento vero, con un ritardo che sarebbe stato impossibile con la lira. E quanto poi alla stabilità dell'euro? Ma se dacché esiste siamo ormai sulle montagne russe, giù e su, con oscillazioni enormi. E i prezzi delle case e degli altri patrimoni cresciuti per effetto di una politica monetaria sbagliata dalla Bce? E le tasse imposte da Prodi per entrare nell'euro e quei salari dimagriti negli anni '90 proprio mentre i profitti aumentavano? E la parità con la lira buona solo per la Confindustria tedesca? E la concorrenza di immigrati con produttività risibile e che paiono servire solo a tenere sempre più bassi i salari? Ma sono cose enormi; palesi ormai a tutti, come la povera signora finita a Tor di Quinto in una morta gora.
Eppure troppo a lungo si è taciuto, anche a destra. E si sono digeriti gli esiti malsani in Europa di certe manie globalizzanti. Per non dire delle sinistre: non sono da tempo più marxiste, e tuttavia alcune si dicono ancora keynesiane, come il presidente Bertinotti. Bene allora sarà il caso di ricordare cosa scriveva Keynes: «Simpatizzo, perciò, con quelli che ridurrebbero al minimo, invece che con quanti massimizzerebbero gli intrecci economici tra le nazioni. Le idee, la conoscenza, l'arte, l'ospitalità, i viaggi, queste sono cose che dovrebbero per loro natura essere internazionali. Ma lasciamo che le merci siano fatte in casa, quando sia ragionevole e convenientemente possibile; e soprattutto rendiamo la finanza un affare anzitutto nazionale». E negli anni '90 erano ovvi i guai delle migrazioni, e che l'euro sarebbe stata una moneta per i ricchi, non per la crescita. Eppure le sinistre hanno lavorato perché l'euro diventasse pure peggio. Tutte le rendite delle grandi banche, o delle Coop, guarda caso, non sono state liberalizzate di molto.
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