VicenzaAchille Variati si toglie il casco da no global e torna a indossare la divisa, a lui più consona, del democristiano di potere con responsabilità istituzionale. Daccordo, nella primavera del 2008 è diventato sindaco di Vicenza, avvicinando le insegne del Pd con il simbolo dei No Dal Molin. Proprio lui, cresciuto abbeverandosi agli insegnamenti di Mariano Rumor, che quandera presidente del Consiglio aveva battuto i pugni sulla scrivania di Richard Nixon perché non portasse via la caserma americana, e i posti di lavoro connessi, da Vicenza. Sì, lui, lo stesso Achille Variati che, già sindaco di Vicenza a metà anni Novanta, con il simbolo del Partito popolare, era salito sulle barricate per protestare, insieme con il popolo dei No Dal Molin, contro quello che riteneva uno scempio commesso sulla città di Palladio da un presidente del Consiglio (Romano Prodi) del proprio partito.
Dopo aver riscosso lentusiastico appoggio, e i voti alle ultime amministrative, del popolo disobbediente e della pasionaria Cinzia Bottene, laltro giorno è andato sotto il tendone che ospita il Festival No Dal Molin (Toni Negri tra i relatori più acclamati) e ha alzato coraggiosamente bandiera bianca: «Ho il dovere di dirvi la verità: quella base si farà».
La prima reazione dei No dal Molin, quelli duri e puri che contavano sul sindaco per resistere, resistere, resistere, è stata quella di assaltare il campanile di San Marco, a Venezia, cercando di imitare i Serenissimi di qualche anno fa, ma con lo scopo di far sventolare il proprio vessillo antibase. La polizia ne ha identificati venti e così la protesta si è spostata sul ponte di Rialto. La parlamentare leghista, Mara Bizzotto, li ha liquidati con un «fascisti rossi»: «Oggi sono orfani anche del sindaco - ha puntualizzato lonorevole del Carroccio - è così comportandosi mettono in luce che a loro non interessa la città, ma la violenza».
Il ragionamento di Variati, ovviamente, è più articolato, oltre che sapientemente calcolato. La sua eresia allinterno del Pd, mal digerita anche per la presenza del collega di partito Paolo Costa come commissario del Dal Molin, è stata sanata al termine di un percorso che forse il sindaco aveva in mente di fare fin dal primo giorno in cui è stato eletto. «Voi siete stati coerenti - ha detto al popolo del No Dal Molin - per questo da sindaco e da cittadino che ha condiviso la maggior parte delle vostre battaglie, che ha marciato con voi nelle manifestazioni per la pace, che ha vissuto lindignazione per il referendum negato, non posso e non voglio mentirvi. La verità dolorosa è che quella base si farà. Con quel progetto e quel sito che noi non abbiamo mai approvato».
Diavolo di un Variati, un altro po e gli scappava pure la lacrimuccia. Poi però si è ricordato di essere un uomo delle istituzioni, mica un no global che, se fosse ancora vivo Rumor, si sarebbe già preso una scarica di scappellotti. «Abbiamo provato in tutti i modi ma inutilmente - ha scandito il sindaco -. Apriremo un tavolo di trattativa con il governo al quale porteremo le proposte che costruiremo assieme».
Le imprese edili delle cooperative rosse che hanno vinto lappalto per costruire la base hanno avviato le ruspe già da tempo ed entro marzo 2011 i lavori saranno ultimati. Cè da seguire tutta la questione della viabilità del circondario, la tangenziale, roba che influirà mica poco sul traffico vicentino. Bisogna che queste strade siano seguite e studiate dintesa con il Comune e può essere, anzi deve essere, che la città ne tragga beneficio. Per questo Variati ha sfilato il casco da no global e, con la coscienza ufficialmente a posto per aver cercato tutti i modi politici, legali e giudiziari per fermare lo zio Sam, oltre che zio Prodi, è tornato allovile della politica amministrativa ragionata.
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