La difesa di Lumumba: "Sesso con Meredith? Mai"

Il pierre congolese davanti al gip fornisce un alibi: "Quella sera ero al lavoro nel mio locale. Ci sono parecchi testimoni". Sollecito: "Non sono stato a casa di Meredith. Le mie foto sul blog? Ironia". Leggi i verbali

La difesa di Lumumba: 
"Sesso con Meredith? Mai"

Perugia - Nessuno conferma. Di più. I due giovani arrestati per l’omicidio di Meredith sfidano apertamente gli investigatori a dimostrare il contrario, a trovare una minima traccia, un’impronta, un po’ di saliva, sudore, sperma, sangue, qualunque cosa, che dimostri la loro presenza nell’appartamento e dunque una responsabilità diretta nell’omicidio. Ecco, parola per parola, l’interrogatorio di ieri di Diya Lumumba, detto Patrick, davanti al gip Claudia Mattini al pm e agli avvocati: «Signor giudice, signori poliziotti, io sono innocente. Credetemi. Qui si sta commettendo un errore. Sono completamente estraneo al delitto di Meredith e non capisco perché Amanda mi accusi. Io in quella casa degli orrori non ci sono mai andato, né quella sera, né la precedente, mai. E mai, in quella casa o altrove, ho avuto un rapporto sessuale con la studentessa uccisa. Se avete fatto l’esame delle impronte nella casa verrà fuori che non sono mai stato lì. La sera dell’omicidio mi trovavo a lavorare nel mio pub che si chiama Le Chic, che una volta era conosciuto come Zoologico, situato in via Alessi (…). Non c’era molta gente, ma comunque c’era.

Rispetto a quanto sto riferendo ci sono molti clienti che possono tranquillamente testimoniarlo e fornire un alibi come (segue elenco di nomi) (…) una ragazza statunitense di nome (…), un giovane belga di nome (…), un cittadino senegalese (…) e un professore americano che si chiama (…). E poi c’è il riscontro diretto, documentale, che potete trovare vedendo gli orari sugli scontrini fiscali emessi dal registratore al pub. Il primo scontrino è delle ore 22.28 (l’omicidio viene calcolato intorno alle 23, ndr). Poiché io sono il gestore, e sempre io sono alla cassa, quella sera compresa, la sequenza degli scontrini dimostra una mia presenza ininterrotta nel locale fino all’una del mattino. Dopodiché ho chiuso il pub e sono andato a dormire. Mia moglie può tranquillamente testimoniarlo (…). Premesso ciò, aggiungo che la ragazza uccisa l’avevo conosciuta un mese fa, cercava un impiego. Non la frequentavo, l'avrò sentita sì è no quattro-cinque volte. Con Amanda, invece, ero entrato in contatto perché cercava lavoro, ma i primi incontri non avevano avuto alcun seguito fino a quando non ho deciso di assumerla part-time, due giorni la settimana, credo, anzi ne sono sicuro, fossero il martedì e il giovedì (…). Quanto a Raffaele non lo conoscevo se non di vista poiché quando Amanda smetteva di lavorare al pub, la sera, lui era sempre fuori ad aspettarla, talvolta entrava anche nel locale (…). Rispetto all’sms inviato a Meredith e alla frase che mi contestate “ci vediamo dopo”, specifico che “see you later” viene usato di norma per dire genericamente “ci vediamo”».

Il verbale d’interrogatorio di Raffaele Sollecito si apre alle 14.08 e si chiude un'ora e mezzo dopo. Ecco, in sintesi, la sua verità: «Quella sera non sono stato nella casa di Meredith. Ho trascorso l'intero pomeriggio con Amanda. Alle 18 siamo usciti, abbiamo fatto un giro in centro e intorno alle ore 21 siamo rientrati insieme a casa mia. Abbiamo mangiato, anche se ora non ricordo esattamente cosa, poi ho ricevuto una telefonata di mio papà e poi ci siamo accorti che c'era una perdita nel bagno. Abbiamo provato a pulire ed asciugare ma siccome mancavano gli stracci abbiamo lasciato perdere. Quindi ho acceso il pc e sono stato in rete su Fastweb fino all'una di notte. La mattina Amanda è uscita per andare a cambiarsi, e quando è tornata con il mocio vileda mi ha detto che c'era qualcosa di strano nella casa. Così siamo usciti per andare a vedere.

Mi si contesta che in una precedente dichiarazione avevo detto che era uscita alle 21, evidentemente sono confuso perché avevo fumato troppe canne (…). Quanto alla contestazione sul mio blog dove si asserisce una mia esaltazione di Chiatti (il mostro di Foligno, ndr), preciso che si trattava di mera ironia».

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