Piccoli imprenditori e riforma del diritto fallimentare: un problema aperto. Le normative appena entrate in vigore hanno infatti modificato significativamente i parametri cosiddetti «soggettivi», riducendo il numero degli imprenditori ammessi alla procedura prevista dalla legge a quelli che superano determinati parametri economico-finanziari. Ma non è lunico aspetto della riforma che necessita di chiarimenti, come ci spiega il vicepresidente del Consiglio nazionale dei ragionieri, Francesco Distefano. «La riforma è stata attuata in due momenti successivi - dice -, cioè il decreto legge e il decreto delegato, tra i quali sono però rimasti degli scollamenti. Ecco perché sarebbe stato più opportuno provvedere agli indispensabili correttivi, che sono ritenuti indispensabili anche dallo stesso «padre» della riforma, lex sottosegretario alla Giustizia Michele Vietti, oltre che dallattuale governo. Ma così non si è fatto».
Con quali conseguenze? «Si è sciupata, a mio avviso - risponde Distefano - unoccasione per fare chiarezza sulla posizione del piccolo imprenditore, definendo in particolare le condizioni alle quali è ammesso alla procedura fallimentare. È questo un punto chiave, perché solo in questo modo limprenditore può usufruire di condizioni di miglior favore quali la cosiddetta esdebitazione, in pratica una sanatoria, e il concordato preventivo. Questo contrasta con la dichiarata filosofia ispiratrice della riforma, cioè il sostegno, e non la condanna, allimprenditore in crisi. Basti pensare che in Francia tutti, compresi i professionisti, possono accedere alla procedura fallimentare, proprio perché più vantaggiosa».
Qual è allora la vostra richiesta? «Come Consiglio nazionale - afferma Distefano - chiediamo che sia concessa anche ai piccoli imprenditori la possibilità di accedere al concordato preventivo e allesdebitazione.
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