Dino Viola: le foto e i cimeli di un re di Roma

Un nome impresso nella memoria storica dei tifosi, specialmente quelli della «maggica» e una mostra per ricordare chi si nasconde dietro quel nome. «Dino Viola, il presidente dell’orgoglio giallorosso», l’esposizione ideata da Marco Dionisi con la collaborazione di Maurizo Di Veroli e Romano Cruciani e la supervisione di Pino Rigido è stata inaugurata alla galleria espositiva Ex Roma Club Monti di via Baccina 66, nel cuore della città eterna, angolo d’una metropoli che ancora mantiene intatti i contratti di ieri nel contesto d’una metropoli votata al domani.
Presente il figlio Ettore, giovedì alle 18 c’è stato il taglio del nastro, che sarà replicato questa settimana alla presenza degli altri due figli dell’uomo che riportò sulla sponda giallorossa del Tevere quello scudetto che mancava da quarant’anni. Con il supporto di pannelli illustrativi, foto, documenti, cimeli e materiale audiovisivo, a via Baccina viene ripercorsa l’azione alla guida della Roma di un personaggio che fu quasi certamente l’ultimo dei romantici del football e nel contempo il primo dei presidenti dell’era moderna, uomo che cambiò volto al sodalizio giallorosso, lo tirò fuori nel volere di pochi mesi dalle sabbie mobili della mediocrità e lo proiettò stabilmente al vertice del calcio nazionale e internazionale.
Con i successi sul campo - uno scudetto, quattro coppe Italia; ma la «sua» Roma raccolse meno di quanto meritasse - restano impresse le battaglie che lo portarono in conflitto con il palazzo del calcio, in maniera particolare con la Juventus di Boniperti (epici i loro «botta e risposta») e le grandi del nord. La questione dei centimetri e le altre battaglie indimenticabili, non solo per l’equità e la correttezza degli arbitraggi, condotte con fermezza e con un linguaggio diretto e forbito, tradotto in maniera molto pretestuosa da chi non voleva intendere in «violese». E qui c’è da aggiungere che nella carriera di Dino Viola ci furono anche momenti bui, vedi il «caso Vautrot» e lo «scandalo Lipopil», che il presidente affrontò secondo il suo stile, a fronte alta, tutelando ovviamente il club. Ecco, forse il vero cruccio degli ultimi anni della sua presidenza fu quello di non riuscire a realizzare lo stadio della Roma, base per assicurare alla società autosufficienza economica per gli anni futuri. Pensate, un quarto di secolo fa la sua idea avrebbe permesso di scavalcare l’annosa questione dell’Olimpico; ma il suo progetto fu osteggiato e boicottato, e non per miopia. All’epoca erano altri gli interessi in gioco, con l’Italia che si preparava a ospitare il Mondiale del 1990. Anche con questo progetto, Dino Viola fu innovativo.

La mostra rappresenta un tuffo nella memoria, un viaggio all’indietro nel tempo per chi visse quegli anni di sdoganamento del club, che fu trasformato dall’ingegnere in «grande Roma»; e un momento d’informazione per chi è nato all’indomani di quel periodo, gli over trenta per intenderci. L’ingresso è libero, la mostra è aperta fino al 12 agosto.

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