Caro Presidente Giorgio Napolitano, Le scrivo per la seconda volta, a distanza di quattro giorni, per denunciare che nei fatti lei ha travisato la Costituzione e ha indotto in errore gli italiani sul tema specifico dei referendum ancora in votazione, assumendo un comportamento che rischia di condizionare arbitrariamente la libera scelta degli elettori. Le avevo rivolto un appello pubblicato da Il Giornale il 9 giugno a chiarire che, conformemente all'articolo 75 della Costituzione e della Legge 25 maggio 1970 n. 352, che contemplano il «diritto» ma non il «dovere» del voto al referendum, gli italiani hanno l’assoluta facoltà di non andare a votare per i quattro referendum abrogativi di leggi approvate dal Parlamento e da lei stesso promulgate.
Le avevo inoltre chiesto di ricevere al Quirinale una delegazione del «Comitato per il non voto al referendum del 12 e 13 giugno», che ha subito raccolto l’adesione di centinaia di italiani tra cui parlamentari italiani ed europei, giornalisti, imprenditori, liberi professionisti, studenti, casalinghe e pensionati, per evidenziare in modo inequivocabile che siamo cittadini di pari dignità e che operiamo nel pieno rispetto della nostra Costituzione e delle nostre leggi. La mia richiesta di chiarimento urgente si giustificava con il fatto che lei, lo scorso 6 giugno, alla domandase si sarebbe o meno recato alle urne per votare i 4 referendum, aveva risposto affermativamente in questi termini: «Sono un elettore che fa sempre il suo dovere».
Ed effettivamente lei ieri mattinata è stato tra i primi a votare per i referendum accreditando la percezione che, a suo avviso, gli elettori farebbero il loro dovere recandosi alle urne e che solo attraverso la partecipazione al voto gli italiani si qualificherebbero come buoni cittadini. Ebbene lei sa meglio di me che non è affatto così perché il referendum, che è abrogante in modo totale o parziale delle leggi varate dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica, è un istituto costituzionale e giuridico che corrisponde a un «diritto» ma non a un «dovere», in quanto sostanzialmente diverso dalle elezioni legislative o amministrative a cui gli italiani sono chiamati ad ottemperare a un «dovere civico» per scegliere i loro rappresentanti nelle istituzioni che incarnano la sovranità popolare e senza cui non sarebbe possibile dar vita a un sistema democratico nell’amministrazione dello Stato sia a livello centrale sia a livello periferico. È per tale ragione che mentre l’articolo 48 della Costituzione, concernente le elezioni, afferma che «il voto è personale ed eguale, libero e segreto.
Il suo esercizio è dovere civico», l’articolo 75 della Costituzione concernente il referendum si limita ad affermare che «hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati », ponendo il vincolo del quorum secondo cui «la proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi». Il vincolo del quorum molto alto, 50 per cento più un voto valido degli aventi diritto, si spiega con lo scrupolo della nostra Costituzione di salvaguardare le leggi che sono state approvate dal Parlamento che esprime la sovranità popolare e che sono state promulgate dal capo dello Stato che incarna l’unità degli italiani. Le ricordo che nell'ottobre del 2009 allo sfogo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo la bocciatura da parte della Consulta del Lodo Alfano («Il capo dello Stato sapete voi da che parte sta: abbiamo giudici della Corte costituzionale eletti da tre capi dello Stato della sinistra che fanno della Consulta non un organo di garanzia ma un organo politico»), lei replicò con fermezza: «Tutti sanno da che parte sta il Presidente della Repubblica.
Sta dalla parte della Costituzione, esercitando le sue funzioni con assoluta imparzialità e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale». Ebbene, caro Presidente Napolitano, mi spiace constatare che nel caso specifico dei quattro referendum ancora in votazione, lei non sta dalla parte della Costituzione, lei ha travisato la Costituzione e ha tratto in errore gli italiani. Perché ha pubblicamente dato una errata interpretazione dell’articolo 75 della Costituzione e perché si è rifiutato di rettificare, a fronte di una richiesta pubblica, per evitare che gli italiani possano essere tratti in inganno. Lei ha pubblicamente tratto in errore gli italiani perché ha voluto far credere che andare a votare per il referendum è un «dovere» quando è solo un «diritto »; così come ha sbagliato facendo credere agli italiani che per il referendum abrogativo sussisterebbe lo stesso «dovere civile» di andare alle urne che è invece prescritto soltanto per le ordinarie elezioni.
Concludo esprimendole il mio profondo rammarico per il
discredito crescente in cui versano le istituzioni e la mia seria preoccupazione per il disorientamento totale in cui sono sprofondati gli italiani che hanno sempre meno certezze circa l’autorità morale dello Stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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