Speriamo finisca come in «Avatar» e non come in «Titanic». Anche perché, il progettista della nave con a bordo l’altruista romantico, Leonardo Di Caprio, decideva di affondare nell’Atlantico assieme alla sua argillosa creatura, mentre i funzionari dell’Epa (Environmental protection agency) non ce li vediamo a tuffarsi a testa in giù nel Golfo del Messico. Fatto sta che Obama chiama Hollywood: prima Kevin Kostner e la sua centrifuga aspira-petrolio, ora James Cameron. Che speriamo si sia già trasformato nell’Ippogrifo volante innamorato della Donna Gatto, dopo un passaggio nella «bara tecnologica».
Diversamente, non si sa come un regista possa essere d’aiuto all’America per bloccare la «marea nera». Nemmeno se è un regista appassionato di tecnologie sottomarine, nemmeno se possiede una mini flotta di sommergibili compatti, piattaforme da esplorazioni e robot marini valutati 400 ml di dollari che nei giorni scorsi ha messo a disposizione del colosso del greggio Bp. Contro certe sciagure, si può provare solo con i supereroi.
Contro certe sciagure reali, si può provare solo con chi i supereoi se li inventa dal nulla. E siccome «fermare la marea nera e contenerne i danni deve essere la priorità numero uno della mia amministrazione» ha detto il presidente Barack nel discorso alla Carnegie Mellon di Pittsburgh, allora lui chiama Cameron. Uno che riesce a concepire il sequel di «Alien», riuscirà bene a bloccare i tentacoli della piovra nera. È ciò che deve aver pensato Obama in questa sua inaspettata virata fumettistica. Non c’è nulla che resista a Hollywood. Così in un eccesso di disperazione, in un rigurgito di infantilismo, in un’esuberanza di fantasia, lo sgomento di Obama ha fatto convocare Cameron a una tavola rotonda di scienziati, ingegneri e oceanografi. C’era anche il pioniere delle esplorazioni sottomarine del Nuytco Research, Phil Nuytten, quello che ha costruito i sommergibili usati dal regista in «Abissi», nel 1989. E c’era Cameron, appunto. Senza cinepresa, senza copione e senza effetti speciali per arginare la fuoriuscita del greggio.
Non si è capito bene quale dovrebbe essere il contributo del «maestro». Però si è capita bene la posizione dei media Usa riguardo il suo coinvolgimento: «Stiamo colando a picco» ha titolato il New York Post illustrando l’articolo con una gigantesca foto del Titanic. «Per fortuna c’è Cameron che viene in aiuto della presidenza Obama» ha commentato il columnist del New York Times ironizzando sull’amaro destino del «candidato che camminava sulle acque e che adesso è travolto da una crisi sott’acqua». Il nero annegato nella marea nera, alla Casa Bianca. La peggior catastrofe ecologica che abbia mai colpito gli States. Altro che Pandora. Un inferno inospitale fatto di macchie oleose e ancor più oleose débâcle politiche, una faccenda piena di mostri degli abissi venuti irrimediabilmente a galla. Pompe, barili, cappucci, navi d’appoggio, manovre... Tutto inutile.
Dopo il fallimento dell’operazione «top kill», Obama ha deciso di fare sul serio. Di mettere in campo i suoi uomini migliori. E il meglio dell’America, com’è noto, il luogo dove l’America resiste sempre, è Hollywood.
La «montagnetta» griffata dove tutto è possibile: dalle battaglie ambientaliste, alle elezioni presidenziali, al calco della mano di Marlon Brando.
Un regista, a pensarci bene, potrebbe essere utile comunque: se Cameron dovesse fallire nel suo intento di «imbrigliare» il petrolio, potrebbe almeno trasformare Barack in un Avatar, o tener pronta una pellicola sulla più grande sciagura ecologica degli Usa che avvenne nell’anno 2010, durante la presidenza di Obama... ma non per colpa di Obama.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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