da Roma
Esiste davvero questo 158° senatore, incappucciato più che coperto, segreto e misterioso quanto Mata Hari, «amico di Marco Follini» sussurrano nellUnione, che il giorno della fiducia al Senato si svelerà come deus ex machina per accendere il semaforo verde a Romano Prodi e rianimarne il governo? È indispensabile come il pane in una rocca assediata, perché allo stato presente delle cose e pur con lacquisto dellex segretario Udc, al centrosinistra ne manca ancora uno, per toccare quella «necessaria maggioranza politica» richiesta ancora ieri dal presidente Napolitano. I senatori a vita non contano, ha stabilito il Quirinale. Con la migrazione di Follini, ora il rapporto è di 157 a 157. Gli uomini del premier assicurano di avere in serbo lasso nella manica, ma son scettici persino i senatori di sinistra. Dunque, il risultato è tutto da vedere nonostante il trionfalismo esibito dal premier riossigenato, da Piero Fassino e da Francesco Rutelli. Potrebbe farcela il governo, ma ancora una volta per il rotto della cuffia e grazie ai senatori a vita, avendone dalla propria almeno 4 su 7. La verità però, è che alla meglio sarà una vittoria di Pirro, perché tra un mese giungerà il decreto per lAfghanistan e il governo al solito, non avrà il voto di Franco Turigliatto e Fernando Rossi, forse nemmeno di Mauro Bulgarelli.
I divanetti di Palazzo Madama garantivano che Follini avesse un amico rimasto nellUdc, pronto a seguirlo nel gran passo. Se ne sussurrava anche il nome: Massimo Fantola, cagliaritano. Ma ieri Follini sè deciso formalmente, e altrettanto formalmente Fantola ha smentito «nel modo più categorico» ogni sua «presunta disponibilità» a sostener Prodi. «Il mio sarà un no convinto e determinato», promette il senatore tuttaltro che in odor di tradimento. E allora, chi è il 158°? Le speranze unioniste saggrappano al senador Luigi Pallaro, che ora è in Sudamerica e rientrerà a Roma per il dibattito sulla fiducia. Sperano nella sua riconoscenza, per via di quei 14 milioni deuro destinati nella Finanziaria agli italiani nel mondo. Ma la Finanziaria è ormai archiviata, e Pallaro è un indipendente classico. Tantè che ieri il suo portavoce in Italia ha smentito che il senador «abbia già deciso di votare la fiducia al governo». Anzi, ad alcuni amici della Cdl Pallaro ha confidato che voterà contro, essendo «favorevole a un governo di larghe intese». Anche Fassino in verità, va tranquillizzando i segretari dei partiti gregari e assicura che «cè pure il secondo, di senatore». Ma è strano, che il leader della Quercia non si sbottoni nemmeno con chi ha reclutato il primo (e sinora unico). Così come è strano che nonostante i «tempi brevissimi» richiesti da Napolitano, si stia armeggiando per far slittare il voto di fiducia alla metà della settimana, dando così modo e tempo ai senatori a vita amici, di esser presenti. Non è strano invece, ma sintomatico certamente, che Prodi ieri abbia telefonato a Rossi esprimendogli «solidarietà» per laggressione subita in treno mercoledì dopo quel voto contrario. Lo ha fatto solo adesso «perché non si pensasse che Prodi cerchi una captatio benevolentiae», precisa il fido ministro Giulio Santagata. Perché in definitiva, il nodo dei senatori di sinistra espulsi dai loro gruppi, resta e pesa. Salvatore Cannavò confida che Turigliatto è ancora fortemente dubbioso sul votare la fiducia da adesso; e linteressato si conferma «in pausa di riflessione», ma «fermo restando che su guerra, Tav e controriforma delle pensioni, il mio voto non potrà che essere negativo».
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