Diventare medico è dura ma se sei straniero a Pavia è facilissimo

nostro inviato a Pavia

Vorreste diventare medici e vi piace vincere facile? Allora cambiate passaporto, nazionalità e possibilmente anche lingua. E poi, da extracomunitari, rientrate in Italia e presentatevi ai test di ammissione a Medicina all'università di Pavia, giusto per esempio.
Sì perché anche quest'anno a Pavia la selezione, tenutasi qualche giorno fa, è stata, come sempre affollata. Dando per darvi un'idea si sono presentati 1300 candidati e solo 160 sono riusciti a diventare studenti di medicina. Una doverosa selezione, perché, un domani, per salvare una vita in corsia o in sala operatoria bisogna essere al massimo, dare il massimo.
Tanto per darvi un'altra idea per passare il test di ammissione sono stati necessari almeno 48,5 punti su 80. Non a tutti, però. Già perché, i 48,5 punti sono il minimo indispensabile che vale solo se si è cittadini italiani, mentre, se il candidato è cittadino extracomunitario, residente all'estero, bastano 14,25 punti. Una bazzecola, ammettiamolo, da racimolare su una lista di 80 domande tra le quali, citiamo a caso la numero 40, si chiede addirittura al candidato di indicare il contrario di sollecito scegliendo tra :A) negligente B) veloce C) avaro D) ostile E) vietato. Un punteggio talmente ridicolo questo 14,25, premiante per gli extracomunitari, che se lo realizzasse, come sarà pure capitato anche questa volta, uno studente nostrano nella graduatoria per gli studenti italiani, relegherebbe il candidato più o meno al posto numero 1200, tanto per fare riferimento ai 1300 di Pavia. Perché accade una simile ingiustizia? Semplicemente perché il bando per l'ammissione al primo anno di medicina riserva, con graduatoria, a parte, ben dieci posti a studenti extracomunitari residenti all'estero. Un paradosso, o peggio ancora una sorta di razzismo al contrario, riconosciuto con amarezza dallo stesso preside di Medicina dell'Università di Pavia, il professor Alberto Calligaro : «Paradosso e ingiustizia. Condivido pienamente il suo pensiero. Ma le università statali, come la nostra, non ci possono fare nulla. In ogni sede vengono ammessi tutti gli studenti extracomunitari fino al completamento della quota a loro riservata nei test . Nel nostro caso dieci studenti per il corso in lingua italiana, e venti, appunto, per quello in lingua inglese. E vengono ammessi per legge, purtroppo, indipendentemente dal punteggio raggiunto. Questo spiega certi singolari punteggi che lei ha appena ricordato».
Ma il paradosso o l'ingiustizia o il razzismo al contrario, quello cioè che penalizza ancor di più gli studenti italiani, si manifesta maggiormente, con evidenza, per una sorta di meccanismo perverso, se si scorrono le graduatorie per l'ammissione al corso di medicina in lingua inglese (vi hanno partecipato 400 candidati tra italiani e no), istituito con successo lo scorso anno, all'Università di Pavia, ed equiparato in tutto per tutto a quello in lingua italiana. Ebbene, incongruenze a parte, visto che le domande dei test vengono, curiosamente, poste in italiano o non in inglese come dovrebbero essere, va tristemente notato che, in quest'altra graduatoria, i posti riservati agli studenti extracomunitari sono 20, cioè il doppio rispetto al corso in lingua italiana. Volete sapere quanti erano gli studenti extracomunitari iscritti al test? Ventuno. Quindi soltanto uno sfigatissimo studente è rimasto fuori ma solo perché è riuscito, impresa francamente difficile, ad ottenere meno del punteggio minimo chiesto in questo test: un incredibile -0,75. Avete letto bene, sì: -075. Giusto per la cronaca ci sembra giusto riferirvi che chi è ha conquistato il primo posto nella classifica dei fortunatissimi venti extracomunitari ammessi al corso di medicina in lingua inglese ha realizzato 23,5 punti, riuscendo ad ottenere 0 (sì anche in questo caso avete letto benissimo: zero) nella parte di fisica e matematica . Materie, queste, che un qualche interesse per chi in futuro indosserà il camice bianco, una qualche importanza dovrebbero averla, o no? Così se è vero, come è vero, che sono stati in molti a non sapere rispondere a domande tipo la 77 che così recitava: «Un soggetto abituato a bere un quarto di vino al giorno deve osservare una dieta che prevede al massimo un quinto di litro di vino al giorno. A quale quantità giornaliera minima di vino dovrà rinunciare?», è anche vero che, forse, per un futuro medico, extracomunitario o italiano non è fondamentale sapere rispondere alla domanda 26 («Chi è l'autore della coscienza di Zeno?»). Mentre al contrario ci sembra di fondamentale importanza rispondere esattamente alla domanda 47
(«Che cos'è l'ematocrito?») E se quel triste e scarso punteggio di 14,25 o l'ancor più triste e scarso -0,75 fossero stati ottenuti da candidati extracomunitari senza nemmeno un'esatta e pertinente risposta a domande come quest'ultima, beh allora sarebbe davvero poco incoraggiante per il futuro della professione medica. Condivide, sconsolato il preside di Medicina. Che puntualizza: «È da un pezzo che, reiteratamente, chiediamo al ministero di diminuire le domande di cultura generale e rimpiazzarle con quesiti più idonei alla professione che si vuole intraprendere. Ma, purtroppo, fino ad oggi non siamo stati ascoltati e così, pur ben consci dell'inadeguatezza di questi test, dobbiamo proporli.

Per fortuna - precisa il professor Callegaro - che questo perverso meccanismo non abbassa il livello nell'Università di Pavia, dei nostri corsi. Perché test o non test, punteggi scarsi o no, i nostri esami sono duri e gli studenti devono superarli per guadagnarsi una laurea così importante d delicata».

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