Come diventare miliardari con gli annunci online

La «Craiglist» ospita ogni tipo di inserzione ma ha azzoppato i giornali. E il patron cerca di rimediare

Come diventare miliardari con gli annunci online

Craig Newmark ha 65 anni e pochi capelli in testa, occhiali spessi da miope e parecchi chili di troppo; non gli piace portare la cravatta e non ha nemmeno l'automobile. L'aspetto dimesso da impiegato senza pretese non deve, però, ingannare: il suo patrimonio personale vale quasi 2 miliardi di dollari. Poco più di 20 anni fa, per la precisione nel 1996, ha creato un sito che è entrato nella vita quotidiana degli americani ed è regolarmente nell'elenco degli indirizzi più visitati: si chiama Craigslist e ospita ogni tipo di annuncio, da chi vuole affittare una stanza a chi si offre per lavori di giardinaggio.

La lista di Craig, questa la traduzione del nome, concreto e senza fronzoli, perfettamente in linea con il carattere dell'ideatore, è uno dei fenomeni più interessanti della cosiddetta new economy, ma il suo successo ha avuto un effetto importante e negativo sui giornali americani: ha finito per prosciugare una delle loro principali fonti di reddito, gli annunci locali, che per molti quotidiani, soprattutto quelli piccoli, rappresentava anche il 40% del fatturato.

Secondo uno studio di qualche tempo fa, Craigslist ha fatto perdere ai giornali Usa 5 miliardi di dollari solo tra il 2000 e il 2007 e anche per questo molti tra i quotidiani di provincia hanno finito per chiudere. Un peccato da cui lo stesso Craig Newmark ha oggi deciso di emendarsi: solo negli ultimi mesi ha regalato 50 milioni di dollari a riviste e scuole di giornalismo: «È il mio impegno più importante, la mia missione», ha spiegato. «Una stampa libera e che funziona è il miglior sistema immunitario per la democrazia».

La storia di questo miliardario atipico inizia a Morristown, cittadina del New Jersey non lontana da New York. La famiglia, di religione ebraica, non è ricca e le cose peggiorano quando Craig è ancora adolescente e il padre muore all'improvviso. «Guardando indietro mi sono accorto che le presenze più importanti nella mia vita sono stati i miei due insegnanti di ebraico, il signore e la signora Levin», ha raccontato. «Erano sopravvissuti all'Olocausto e da loro ho imparato molto, anche se a quel tempo non me ne rendevo conto. Soprattutto un principio: fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te».

Dopo il liceo Craig riesce a laurearsi in ingegneria e per 20 anni, da vero nerd tutto ufficio e computer, fa il programmatore, prima all'Ibm e poi in una società finanziaria. Negli anni Novanta, dopo essersi trasferito in California, è tra i primi a usare Internet e la posta elettronica. Prende l'abitudine di segnalare via mail agli amici gli appuntamenti, mostre ed eventi, in calendario nella zona di San Francisco. La mail diventa un po' alla volta un sito. Oggi Craigslist (Newmark ne possiede circa la metà), pubblica annunci in 700 città di 70 Paesi diversi e, secondo gli studi delle società finanziarie, vale 4 miliardi di dollari. Il bello è che potrebbe valerne molti di più se solo Newmark fosse un po' più attento ai soldi. «La sua non è un'azienda come le altre», ha spiegato un analista alla rivista Forbes. «Sembra che di guadagnare non gliene importi nulla, pubblica inserzioni gratis o a prezzi assurdamente bassi».

Il principio generale è proprio che gli annunci non si pagano e che il sito non ospita pubblicità. Gli inserzionisti e i clienti comunicano direttamente attraverso le loro mail e Craigslist non raccoglie sui visitatori dati da rivendere. Si pagano (poco) solo tre categorie di inserzioni: immobili, automobili, offerte e ricerche di lavoro. Bastano per incassare 8/900 milioni di dollari l'anno, con utili intorno ai 600 milioni. Un margine di guadagno enorme, realizzato anche perché le spese sono bassissime. Il design del sito, ormai da archeologia digitale, non è per esempio mai cambiato dalla fondazione. «Era già essenziale allora», ha raccontato Newmark. «Ma per le questioni grafiche non ho mai avuto alcun talento». I dipendenti sono una cinquantina e a occuparsene, tra l'altro, non è nemmeno lo stesso fondatore, che dal 2000 ha assunto un amministratore delegato: «Ci voleva, ho scoperto alla svelta che come manager faccio schifo», dice con il tono autoflagellatorio che è tipico delle sue (poche) interviste. L'unico compito che si è riservato è quello dell'assistenza clienti: in pratica risolve i problemi, informatici e no, di chi pubblica le inserzioni. Negli anni ha guadagnato e molto, ma investe solo in titoli pubblici: «Ho provato a finanziare tre startup, ma ho perso un sacco di soldi». Quando deve incontrare un giornalista gli dà appuntamento nello stesso caffè del quartiere di Haight Hashbury, a San Francisco, dove si riunivano i dipendenti della società agli inizi. La sola spesa rilevante che gli viene attribuita è l'acquisto, insieme alla moglie, sposata sei anni fa, di un appartamento a New York che vale sei milioni di dollari.

Oggi, comunque, la sua attività principale è la beneficenza. Da qualche tempo ha creato una fondazione, che distribuisce soldi soprattutto agli ex combattenti e alle loro famiglie e, come detto, ai giornali. Con un approccio, però, completamente diverso rispetto agli altri miliardari digitali, come Jeff Bezos, fondatore di Amazon, che ha comprato il Washington Post, o come Laurene Powell Jobs, vedova del fondatore di Apple, che ha acquistato la rivista Atlantic. Newmark preferisce distribuire il proprio denaro a più destinatari.

Ha finanziato la radio pubblica di New York, un sito di notizie locali, la rivista Markup, che si occupa di tecnologia e del suo impatto sociale, la fondazione Pro Publica, che gestisce progetti di giornalismo investigativo in tutto il Paese.

L'ultimo assegno (vale venti milioni) è andato alla Facoltà di giornalismo dell'Università di New York. Come ovvio, sempre alla sua maniera: «Non sono il tipo da comandare. Do una mano, me ne vado e sto lontano. È la mia forza».

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