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«Domenica la Germania al bivio: riforme radicali o sarà il declino»

Il famoso giornalista e storico Joachim Fest: «La Merkel punta sul cambiamento, la sinistra cavalca le paure e incoraggia il parassitismo»

Salvo Mazzolini

da Kronberg

«Domenica i tedeschi dovranno scegliere se continuare sulla via di un declino economico sempre più allarmante oppure se imboccare la strada dei sacrifici per invertire la tendenza negativa che non da ieri serpeggia in questo Paese. Dubito che faranno la scelta giusta. Gli ultimi sondaggi, che segnalano un forte recupero delle sinistre, lasciano pensare che alla fine vinceranno quelli che non vogliono cambiamenti. E cosí si continuerà a scivolare verso il declino». Joachim Fest, la firma più prestigiosa del giornalismo tedesco, non nasconde il suo pessimismo per il clima generale alla vigilia del voto.
Storico, saggista, a lungo direttore del più autorevole quotidiano tedesco, il Frankfurter Allgemeine Zeitung, Fest ha seguito e commentato tutte le campagne elettorali prima della Germania di Bonn poi della Berliner Republik. «Però mai - ci dice con un tono quasi di fastidio - ho assistito a una campagna elettorale dove i politici fanno a gara per nascondere agli elettori la verità, illudendoli che salvo qualche piccola correzione è ancora possibile vivere come ai tempi del miracolo economico. Una gara in cui il cancelliere Schröder si sta rivelando bravissimo come dimostra il balzo in avanti del suo partito dopo il duello televisivo con Angela Merkel».
Incominciamo dal sorpasso segnalato dai sondaggi. All’inizio della campagna elettorale lo schieramento di centrodestra della Merkel era in testa, ora è in testa l’area della sinistra, socialdemocratici, verdi, più il nuovo partito costituito da Lafontaine e dai postcomunisti. Come spiega questo cambiamento?
«In ogni campagna elettorale c'è un tema dominante. E il tema di questa campagna è la decadenza della nostra economia. La Germania è ancora una grande potenza economica, ma nessun Paese ha perso tanti colpi negli ultimi anni come la Germania: quasi cinque milioni di disoccupati, conti pubblici fuori controllo, crescita tra le più basse d'Europa. Un quadro così negativo può essere cambiato solo con riforme radicali. E qui incominciano le divisioni. C'è chi è disposto ad affrontare i sacrifici legati alle riforme e chi invece ha paura delle riforme perché teme di dover pagare un prezzo troppo alto. La Merkel ha impostato la sua campagna sulla necessità di cambiamenti mentre la sinistra batte sul tasto delle paure e lo fa senza scrupoli, ricorrendo anche a colpi bassi. A quanto pare le paure per i cambiamenti stanno prevalendo sulla voglia iniziale di cambiamenti».
Paura di cosa?
«Paura soprattutto di perdere i molti benefici dello Stato sociale. Io sono per lo Stato sociale, ma in Germania lo Stato sociale, a causa della sua eccessiva generosità voluta dalle sinistre per scopi elettorali, ha creato una mentalità parassitaria tra la gente riducendo la competitività del Paese. Senza pensare alle risorse sottratte allo sviluppo tecnologico per finanziare benefici ingiustificati. Di qui la necessità di una razionalizzazione dello Stato sociale che la sinistra fa passare per smantellamento creando il panico tra le classi deboli».
Come giudica la coalizione rossoverde?
«Schröder ha avviato alcune riforme ma poi ha dovuto gettare la spugna per i contrasti nel suo partito tra riformisti e massimalisti. Un problema che paralizza tutte le sinistre europee».
Lei ha parlato di colpi bassi. Quali?
«Per esempio la campagna denigratoria delle sinistre contro Paul Kirchhof accusato di volere una riforma fiscale a vantaggio dei ricchi mentre chi è in buona fede sa che la sua riforma è finalizzata a creare maggiore fiducia tra fisco e cittadini. Trovo inoltre di pessimo gusto l'attacco della moglie del cancelliere alla Merkel, giudicata inadatta a governare perché non ha figli. È gravissimo attaccare una persona per un suo dramma privato. Tra l'altro è un autogol perché neppure il cancelliere Schröder ha avuto figli nonostante quattro matrimoni».
Prima di congedarci, Fest tira fuori dal taschino un biglietto sgualcito.

«Me lo ha lasciato mio padre, lo porto sempre con me, c'è scritto: "Il mondo è pieno di pagliacci, dobbiamo sopportarli"».

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