Luigi Cucchi
Nellantica capitale giapponese di Kyoto si è parlato del futuro della scienza, della sanità e della tecnologia. Il Giappone, un tempo privo di unindustria farmaceutica gioca ora, assieme agli Stati Uniti, un ruolo davanguardia. È in questi due Paesi che si scoprono e si registrano i farmaci più innovativi. Nel passato lEuropa, che ha favorito la nascita e lo sviluppo dellindustria farmaceutica, ora dimostra minore vitalità. Per proiettare il vecchio continente in una dimensione internazionale si cerca di creare nuovi ponti che facilitino lo scambio di conoscenze. Con queste finalità si è svolto lincontro di Kyoto al quale ha partecipato anche Sergio Dompé, presidente di Farmindustria, lAssociazione delle industrie farmaceutiche italiane.
«Grazie allapporto del biotech ha affermato a Kyoto Sergio Dompé le aziende del farmaco hanno accettato le grandi sfide ancora aperte verso patologie per le quali oggi non vi è una cura efficace, patologie rare e difficili da approcciare con le lacune tecnologiche dei sistemi tradizionali».
I farmaci ed i vaccini frutto della ricerca biotecnologia sono nel mondo oltre duecento, utilizzati da più di 200 milioni di pazienti. È una realtà in grande sviluppo: il 40 per cento delle nuove sostanze farmacologiche registrate ha origine biotecnologica. Se poi si aggiungono anche le molecole di sintesi individuate grazie alle biotecnologie si sale ad oltre il 50 per cento. L'Italia può svolgere un ruolo importante nella ricerca biotecnologica. È un'area innovativa, ha pochi decenni di vita, è strategica per la crescita economica. La ricerca biotecnologica ha tra i suoi punti di forza proprio l'area oncologica. Negli ultimi 25 anni le biotecnologie hanno migliorato la qualità di vita dei dializzati e dei pazienti colpiti da sclerosi multipla. Sono 400 i farmaci biotecnologici in sviluppo nel mondo, di questi 21 sono italiani.
L'Italia in questa area scientifica può avere un ruolo importante sul piano della innovazione, anche se il numero delle nostre imprese (circa cento) è inferiore a quelle presenti in Francia (200), nel Regno Unito (280) e in Germania (300), ma il numero dei prodotti italiani in sviluppo indica una buona produttività della nostra ricerca. Nel nostro paese le aziende biotech che si occupano di salute sono il 70 per cento del totale delle nostre imprese biotecnologiche: il nostro Paese è al sesto posto in Europa ed abbiamo strutture di qualità. «Puntare sulle biotecnologie afferma il presidente Sergio Dompé significa consolidare i risultati sinora ottenuti nel campo della salute e aprire le porte a concrete speranze di nuove cure per il futuro». È una grande opportunità per l'Italia: la ricerca biotecnologica può contribuire al rilancio degli investimenti e all'aumento della nostra competitività. È però indispensabile una politica che riconosca il vero ruolo dell'innovazione.
La realtà italiana ha ricordato Dompé è costellata da modelli di collaborazione che coinvolgono le università. Sono sorti dei veri e propri centri di eccellenza, in Lombardia, in Toscana, nel Lazio ed in altre importanti aree del Sud Italia.
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