(...) Franco Battiato in Facciamo finta che sia vero. E, come (quasi) sempre, quando canta, Adriano fa meglio di quando parla. Ultimamente, infatti, anche il fiato non è più quello di una volta. Ma anche gli archi dellOrchestra di Sanremo sono stati capaci di creare brividi. Bello, insomma.
Ma il punto è un altro, non siamo qui a fare le pagelle delle canzoni in gara. Il punto va persino oltre le reazioni deluse di Irene Fornaciari (pontremolese e genovese di adozione), quelle classicheggianti del ministro della Sanità Renato Balduzzi (genovese dadozione), quelle istituzionali di Garimberti (tigullino), quelle cardinalizie sfumatura Bagnasco di Tv 2000 e della Sir, l agenzia della Cei (via San Lorenzo), quelle editoriali di Giulio Anselmi (nonsoloCastelletto), la benedizione luneziana di Sandro Bondi (da Fivizzano con furore), lo sdegno «secchione» di Roberto Cassinelli (il migliore genovese a Roma), quello indignato e architettonico di Alessandro Casareto (il meno democristiano di ogni Dc genovese) e quelle veraci e come sempre bellissime delle vostre voci, rimbalzate da decine di telefonate, lettere e mail.
Il punto è la perfetta consonanza delle parole di Celentano con quelle di don Gallo, diventati ormai gemelli diversi delle dichiarazioni uguali. Il «prete da marciapiede» di San Benedetto al Porto, dopo il «vangelo secondo Fabrizio» che lui ha sempre detto di seguire moltissimo, professando in De Andrè una fede molto più calda di quella in Papi e cardinali, è passato al «vangelo secondo Adriano». E, quando è in libera uscita da una dichiarazione polemica nei confronti di Marta Vincenzi o da un appoggio incondizionato a Marco Doria, si lancia in elegie di Celentano.
Don Andrea ha iniziato addirittura prima del Festival, lanciando la difesa preventiva, il giorno precedente allapertura del sipario dellAriston: «Le critiche ad Adriano sono insostenibili». Poi, il Molleggiato ha ricambiato nel corso dellinvettiva contro Avvenire e Famiglia Cristiana «che non hanno idea di quanto può essere confortante per i malati leggere di ciò che Dio ci ha promesso. Non la pensano così, per loro il discorso di Dio occupa poco spazio, lo spazio delle loro testate ipocrite come le critiche che fanno a don Gallo, che ha dedicato la sua vita ad aiutare gli ultimi». Eccezione, questultima, rispetto alladeguatezza del clero, che il direttore di Avvenire Marco Tarquinio ha immediamente colto, con ironia: «Se lè presa con tutti i preti e i frati (tranne uno)...».
Mica finita. Ieri don Gallo ha esternato a testate unificate: il direttore del Secolo XIX Umberto La Rocca - che, da giornalista di razza quale è, ama le esclusive - ha avuto un articolo scritto direttamente dal sacerdote col sigaro. Ma intanto il don, «angelicamente anarchico» andava in giro a fare interviste contemporanee a Messaggero e Stampa, curiosamente i due ex giornali del re di piazza Piccapietra.
Non basta. A caldo, don Gallo ha scritto su Facebook (ma non ha altro da fare che scrivere su Facebook?): «Grazie Adriano, ti sento con me nel cammino con gli ultimi. La tua omelia di Sanremo è stata una puntuale lezione anche per me sul concetto della morte corporale. Forse senza saperlo hai ricalcato la spiegazione della morte degli antichi monaci benedettini.
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