Stefano Vladovich
«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Sono le uniche parole pronunciate ieri mattina alle domande dei magistrati da padre Marco Agostini, lex responsabile delloratorio di San Benedetto, a Pomezia, accusato di abusi sessuali aggravati e continuati. Uninchiesta partita nel 2004 ma che avrebbe portato alla luce almeno un decennio di sevizie e abusi su una ventina di ragazzi delloratorio che, adesso, chiedono giustizia.
Il sacerdote, trasferito ad Assisi dal vescovo di Albano già dalla fine del 2002 e sul quale da tempo è stato avviato il processo di secolarizzazione, da mercoledì si trova agli arresti domiciliari nella casa materna nel quartiere Alessandrino, a Roma. Padre Marco è stato sottoposto a interrogatorio di garanzia negli uffici della Procura di Roma: a delegare ludienza al gip Roberta Palmisano, il gip di Velletri Aldo Mongini. Laudizione, comunque, si è svolta in pochissimi minuti alla presenza del pubblico ministero titolare dellinchiesta, Luigi Paoletti, e del legale dellindiziato, Fabio Massimo Guaitoli.
Secondo laccusa padre Marco, sfruttando il forte carisma esercitato sui ragazzi che frequentavano la «Casa della Gioventù» di via Filippo Re, avrebbe commesso centinaia di violenze sessuali su un gruppo di almeno venti catechisti dai tredici anni in poi tra il 1993, quando era parroco della «Beata Vergine Immacolata» a Torvaianica, e il 2002 quando, improvvisamente, gli viene imposto il divieto di dire Messa e mandato via da Pomezia.
Lultimo incarico, durato otto anni, è stato caratterizzato da feroci polemiche sul suo rapporto con i ragazzi. Pettegolezzi e maldicenze sarebbero arrivate a padre Ennio e padre Germano, rispettivamente parroci di «San Benedetto» e di «San Michele Arcangelo», e persino allallora vescovo di Albano, monsignor Vallini. Inutilmente.
È soltanto nel 2004, difatti, che scatta la prima denuncia alle forze dellordine. Protagonista un giovane di ventitrè anni che trova il coraggio di raccontare, prima ai genitori poi alla polizia, le violenza subìte da padre Marco. Agli uomini della IV sezione della squadra mobile romana ci vogliono diciotto mesi di indagini per ricostruire lorganizzazione ideata da padre Marco, articolata ed efficiente come una sorta di setta e in grado di garantirgli limpunità. «Ragazzi Nuovi», del resto, aveva una struttura decisamente rigorosa: chiusa allesterno ma con grande senso di appartenenza ed esclusività al suo interno.
Qualunque critica o violazione poteva finire con lespulsione. Per coloro cui don Marco destinava attenzioni «particolari» scattava un premio: la vittima veniva messa a capo di un gruppo oppure gli veniva conferito un incarico di responsabilità. Secondo i sedici principali accusatori padre Marco li convinceva ad avere rapporti intimi con lui spiegando che così facendo si sarebbero avvicinati direttamente a Dio. «In nome di Dio...» e cominciava il processo di «iniziazione».
Deposizioni spesso choccanti sulle quali gli agenti starebbero trovando riscontri fra il materiale sequestrato in canonica e nellappartamento di Fiorella, la sorella dellex parroco: computer, fascicoli, fotografie, una montagna di documenti considerati dagli inquirenti utili a far luce sullinquietante vicenda.
Non solo. In questi giorni sono state ascoltate decine di presunte vittime del prete o, comunque, testimoni allepoca dei fatti. Secondo lavvocato di cinque di loro, Alberto Romano, quella di padre Marco non sarebbe altro che «volgare violenza sessuale aggravata dalla giovane età delle vittime».
«Ha approfittato a lungo del proprio ruolo di sacerdote - continua il legale - e di animatore dei gruppi giovanili, esercitando forte pressione psicologica soprattutto nei confronti dei soggetti più deboli.
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