Mario Sechi
da Roma
In America sul Cia-gate cascano le prime teste e cè chi ipotizza un effetto dòmino sullItalia per il Niger-gate. La ghigliottina mediatica è in funzione da tempo, punta sulle collottole dellasse Roma-New York ipotizzando che il falso dossier sulla vendita delluranio dal Niger allIrak sia stato fabbricato a Forte Braschi, casa del Sismi. Questo scenario dipinto da Repubblica (in tandem con alcuni blog Usa) ieri ha ricevuto unaltra dura smentita dal Dipartimento di Stato: lincontro «fatale» al National Security Council tra Stephen Hadley e Niccolò Pollari del 9 settembre 2002 non aveva come oggetto il dossier sul traffico duranio dal Niger, era una semplice visita di cortesia durata 15 minuti. E cera pure Condy Rice.
Fra tante smentite si continua a trascurare lunico fatto certo e accertato: quello di Rocco Martino, lo spacciatore della bufala nigerina al soldo dei servizi segreti di quella Francia che, guardacaso, in Niger controlla il mercato delluranio e che solo fuori tempo massimo ha smentito se stessa sulla genuinità delle informazioni sulluranio. Se dunque il mondo va a caccia degli autori del falso carteggio Niger-Irak, se lFbi fa sapere di tenere aperte due piste (quella interna e quella che porta allambasciata del Niger a Roma) il copyright forse andrebbe cercato tra Formello, Niamey e Parigi. Martino, che a Formello ci abitava, è lanello debole dellaffaire, ma anche il link con gli 007 francesi che in questa storia hanno giocato a nascondino. Fino a un certo punto, perché la Prima e lOttava divisione del Sismi tenevano docchio lui e la squadra della Direction générale de la securité exterieure. In quel periodo, infatti, la Francia si muove su un doppio binario: da un lato conferma ripetutamente agli «alleati» che lIrak è interessato alluranio nigerino, dallaltro colleziona il materiale di Martino e non esprime giudizi, neppure quando Rocco comincia a pensare che dallambasciata del Niger sia uscita una «sòla».
Secondo lintelligence, dal 1999 allestate del 2004, Martino avrà una trentina di contatti con il suo referente segreto che ha base logistica al 65 di rue Ducale, Bruxelles (dove sventola un tricolore, francese). Passa informazioni in cambio di un regolare compenso di svariate migliaia di euro. Il Sismi lo pedina, lo fotografa, lo ascolta. Albergo, abitazione di Formello, ufficio al Salario, residenza lussemburghese di rue Hoehl a Sandweiler. Tutto quello che maneggia viene duplicato, microfilmato, analizzato. E mentre Martino porta acqua al mulino di Parigi, nel mondo le agenzie di intelligence incalzano gli 007 francesi per avere conferma ulteriore delle (loro) notizie sul traffico di uranio fra Niger e Irak.
3/12/2002. Cia, Langley.
La Cia invia un telex a Parigi prima di spedire la relazione allAgenzia Atomica. Chiede una prova scritta della trattativa fra i due Paesi segnalata proprio dalla Francia, e chiede se quella notizia non provenga da unaltra agenzia (il riferimento è al Sismi, e al dossier Martino).
3/12/2002. Dgse, Parigi.
I francesi confermano e dicono che no, non c'entra niente il filone italiano, che la soffiata è «di origine interna» e non è disponibile un riscontro cartaceo.
4/12/2002. Onu, New York.
Rassicurato dallEliseo, il Segretario di Stato Colin Powell (la colomba dellamministrazione Bush) per la prima volta accenna alluranio del Paese africano.
7/1/2003. Discorso di George Bush. Cincinnati.
Anche George Bush accenna alluranio ma, su pressione del direttore della Cia, toglie il riferimento alle 500 tonnellate del Niger.
18/1/2003. Discorso di Bush sullo stato dellUnione.
Bush rompe gli indugi. Parla di uranio, ma non fa riferimento al Niger (parlerà di Africa). Il riferimento al servizio segreto che dà conferma non è il Sismi, come maldestramente si premura di far credere Repubblica, ma lMi-6 britannico.
27/1/2003. Dgse, Parigi.
Il Nigergate sta per scoppiare. La Dgse conferma ancora i tentativi di Saddam di mettere le mani sulluranio e li fa risalire al 1999».
28/1/2003. Casa Bianca, Washington.
La Casa Bianca invia il testo del discorso di Bush sullIrak allintera comunità dellintelligence. Nessuno solleva obiezioni, ma proprio per tenersi cauto il presidente Usa dice che lIrak «ha cercato di acquisire» (non dice «ha comprato») uranio in Africa.
14/2/2003. Onu, New York.
Dopo alcune anticipazioni stampa, il ministro degli Esteri francese, Dominique De Villepin, nel Consiglio di Sicurezza rompe gli indugi e tarpa le ali alla colomba Powell: «La guerra non è giustificata».
1/1/2003. Tv tedesca Ard.
David Albright, ex ispettore dellagenzia atomica, anticipa i risultati delle indagini Aiea: «I documenti sulla compravendita di partite di uranio dal Niger da parte di Saddam Hussein sono falsi».
4/3/2003. Parigi.
A due settimane dal discorso di Bush, a tre giorni dallanticipazione dellex ispettore, la Francia a sorpresa fa marcia indietro sulluranio proprio mentre alcune ex spie della Cia riunite sotto la sigla Veteran Intelligence Professional for Sanity esprimono dubbi sulla genuinità del dossier. Jacques Baute, esponente dellUfficio Non Proliferazione Nucleare del ministero degli Esteri francese, fa sapere daver basato la sua iniziale valutazione proprio sui documenti che gli Usa avevano fornito allAiea.
7/3/2003. Onu, New York.
Il direttore dellAiea, El Baradei, conferma: «I documenti non sono autentici».
17/6/2003. Cia, Langley.
In due mesi accade di tutto. Scoppia la polemica, tanto che la Cia fa suoi i dubbi sul dossier «italiano».
14/7/2003. Parlamento inglese, Londra.
La commissione Butler smentisce che gli inglesi avessero già nel 2001 il dossier-bufala, e conferma che agli Usa fornirono notizie su traffici duranio: «Il documento viene a conoscenza dellMi-6 solo nel 2003».
1/8/2004. Bruxelles.
Martino si rifà vivo con i francesi, vuole gli arretrati, ma il suo contatto scompare. E così Martino bussa al Sunday Times....
(2. Continua)
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