L’Europa si presenta divisa all’appuntamento delle prossime misure anticrisi. Molto secco, in particolare, il «no» della Germania alle due ultime proposte sul tavolo: l’aumento del fondo Ue«salva- Stati» da 440 a 880 miliardi di euro, o in alternativa la sua evoluzione - perorata in una lettera al Financial Times firmata da Giulio Tremonti e dal presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Junker - in una Agenzia europea del debito, che emetta eurobond, cioè titoli pubblici non più nazionali ma europei, fino a un massimo equivalente al 40% del prodotto interno lordo dell’Unione. «Non vedo alcuna necessità di aumentare il fondo - replica da Berlino la cancelliera Angela Merkel, attuale prima contributrice del fondo- ed è nostra ferma convizione che gli eurobond non vengano permessi, anche perchè questo implica una profonda revisione dei trattati ». Dello stesso avviso i ministri delle Finanze di Austria e Spagna, Josef Proell e Elena Salgado, mentre il presidente della Commissione Manuel Barroso dice che è necessario verificarne la fattibilità tecnica. La Salgado aggiunge che la Spagna non farà appello agli aiuti europei perchè «nessuno dei suoi fondamentali lo giustifica». Il nein della Merkel rende assolutamente problematica la discussione tra i ministri finanziari dell’Eurogruppo, riuniti a Bruxelles in preparazione del vertice dei capi di Stato e di governo della prossima settimana. L’ipotesi di aumentare fino al doppio il fondo Ue già utilizzato per Grecia e Irlanda, sostenuta dalla Commissione, dalla Bce e dal Fondo monetario internazionale, appare poco praticabile. Il Fmi si è detto disponibile a portare il suo contributo da 250 a 500 miliardi. Per il momento i ministri finanziari daranno il via libera alla terza tranche di prestito alla Grecia, e al piano Irlanda, oltre ad esaminare gli ultimi sviluppi dei mercati. «Di fronte alle tensioni che colpiscono più Paesi europei è essenziale proseguire nelle politiche di contenimento dei conti pubblici », commenta il governatore della-Bankitalia Mario Draghi nel presentare il primo rapporto sulla stabilità della Banca centrale. «L’euro - scandisce - non è in discussione, è uno dei maggiori successi dell’integrazione europea, e tutti i Paesi ne hanno tratto benefici straordinari ». Per preservare la stabilità del sistema finanziario, spiega il governatore, oggi è prioritario adottare politiche favorevoli alla crescita economica, specie nel nostro Paese: «Solo crescendo si pagano i debiti », dice. Guardando ai movimenti di mercato degli ultimi giorni, Draghi osserva che l’allargamento degli spread sui titoli pubblici in Europa - che si è verificato anche nella giornata di ieri - è «eccessivo, e non riflette i fondamentali dell’area euro nè le condizioni effettive di finanza pubblica di alcuni Paesi». Non è mancato inoltre uno sguardo al nostro sistema bancario che, rileva il governatore, non è particolarmente esposto nei confronti dei Paesi in maggiore difficoltà. L’esposizione verso Grecia, Irlanda e Portogallo era pari, lo scorso giugno, a circa 20 miliardi di euro, meno dell’1% del totale delle attività del sistema. Il credito delle banche italiane in Europa è rivolto soprattutto a Germania e Austria. Dunque, gli effetti della crisi sulle nostre banche sono limitati, e gli istituti mostrano una buona posizione di liquidità. Tuttavia, secondo la Banca d’Italia, i nostri istituti di credito dovranno rafforzare nel medio periodo il patrimonio per adeguarsi ai requisiti più stringenti introdotti da Basilea 3.
Il vero pericolo anche per le banche è rappresentato dalla bassa crescita dell’economia: «Quello fra la stabilità finanziaria e la crescita economica - conclude Draghi - è un legame inscindibile». In Italia la posizione finanziaria delle famiglie resta «solida», ma si riscontrano timori per un possibile aumento dei tassi d’interesse.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.