Mario Draghi rilancia la palla della crisi nella metà campo dei governi. Perchè anche se la Bce è «l’ultimo baluardo a difesa dell’euro», tocca a loro agire per «ripristinare la credibilità» sui mercati finanziari. Con misure rapide, commisurate a una crisi che incalza, al deterioramento del ciclo economico e allo «stress cui sono sottoposte le banche» a causa delle difficoltà nel reperire finanziamenti.
È il primo discorso davanti al Parlamento europeo, quello pronunciato ieri da Draghi nelle vesti di presidente dell’Eurotower, nel giorno in cui un coro di voci (Confindustria, Standard&Poor’s e Goldman Sachs) suona la stessa nota dolente sulla recessione ormai alle porte e il Fmi si prepara a rivedere al ribasso le stime nell’aggiornamento del World Economic Outlook che sarà pubblicato a fine gennaio.
Tempo da perdere, dunque, non ne è rimasto più. «I prossimi dieci giorni saranno cruciali» per l’Eurozona e per il completamento della sua architettura, dice a chiare lettere Draghi. Anche l’apertura di credito dei mercati, legata alla speranza che dal vertice dei capi di Stato della prossima settimana arrivino decisioni condivise per far fronte all’emergenza, non è certo illimitata.
Dopo il rally di mercoledì, ieri le Borse hanno tirato i remi in barca, chiudendo in leggero calo (-0,16% Milano), mentre lo spread Btp-bund è sceso a 448 punti e i rendimenti si sono attestati al di sotto del 7%. Migliora intanto il fabbisogno, sceso nei primi 11 mesi di 8,6 miliardi (a 69,3 miliardi) rispetto allo stesso periodo 2011.
L’imperativo è allontanare la bufera finanziaria. Una tempesta che inquieta anche Nicolas Sarkozy, convinto che «l’Europa rischia di essere spazzata via dalla crisi se non riuscirà a riprendersi». E la scomparsa dell’euro «avrebbe conseguenze drammatiche per i francesi, perchè il nostro debito raddoppierebbe diventando insostenibile». Sarko incontrerà lunedì prossimo Angela Merkel per svelare una serie di misure che «garantiranno il futuro dell’Europa». Niente di misterioso, visto che «la Francia lavora con la Germania per un nuovo Trattato europeo», ha precisato il numero uno dell’Eliseo. Ma la modifica dei Trattati trova Draghi abbastanza freddo: «Cambiamenti radicali dei Trattati non dovrebbero essere esclusi, ma sono plausibili processi più rapidi». Insomma: la ricetta Sarkozy-Merkel ha la controindicazione della lunga cottura.
Meglio quindi seguire altre strade. Lo strumento individuato dall’ex governatore di Bankitalia è un «fiscal compact», ovvero un “patto di bilancio“ tra i governi che sia di complemento, con regole e impegni di politica di bilancio comuni agli Stati membri, alla politica monetaria centralizzata della Bce. Occorre un ministro del Bilancio Ue? Draghi non l’ha precisato, ma questa era l’idea del suo predecessore, Jean-Claude Trichet.
Più in generale, in vista del summit dell’8-9 dicembre, il presidente della Bce ha indicato tre capisaldi senza i quali non è possibile recuperare fiducia: il primo è, appunto, un accordo sulle regole di bilancio; il secondo richiama la piena operatività del fondo salva-Stati Efsf; il terzo è la risposta dei singoli Paesi sotto tiro. Sperare che l’istituto centrale agisca al di fuori dei confini del proprio mandato non serve: il programma della Bce per l’acquisto di bond di Paesi della zona euro in difficoltà «sarà limitato» nel tempo; e la Bce «è il prestatore di ultima istanza per le banche solventi», ha sottolineato Draghi, di fatto escludendo un suo eventuale ruolo per le banche insolventi.
Nessuno può quindi tirare per la giacchetta la Bce. Anche se negli ultimi tempi «stiamo osservando una seria restrizione del credito» che, accompagnata dal rallentamento dell’economia, «non promette nulla di buono per i prossimi mesi». Draghi non si è ovviamente sbilanciato sulle prossime mosse della Bce in materia di tassi, ma gli analisti non escludono un nuovo taglio alla luce proprio della frenata dell’economia.
Confindustria parla apertamente, per l’Italia, di «una consistente contrazione del Pil a cavallo tra 2011 e
2012» che mette a repentaglio la sopravvivenza di molte imprese. Eurolandia finirà in recessione secondo Goldman Sachs (per l’Italia -1,6% nel 2012 e -0,1% l’anno dopo), mentre S&P parla di «tenue recessione» nell’Ue.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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