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Un dramma raccontato in diretta televisiva Marco Simoncelli perde la vita durante il gp

La colpa non è di nessuno. Marco scivola, cade, perde il casco e viene travolto dalle moto di Colin Edwards e Valentino Rossi. Il capo della sicurezza: "Fatale l'impatto sul collo della moto di Colin Edwards" La foto sequenza dello schianto - L'ultimo saluto ai tifosi - La passion per rally e cross - Il popolo di Facebook ricorda Sic - Audio commento di Benny Casadei Lucchi

Un dramma raccontato in diretta televisiva Marco Simoncelli perde la vita durante il gp

Il tragico romanzo del Sic si conclude nello sguardo disperato di Valentino Rossi quando rientra al box. E si toglie il casco. E si siede. E parla ai suoi ragazzi. Non è un uno sguardo ma la maschera di dolore di un soldato che torna dalla guerra. Un soldato che ha perso il compagno davanti agli occhi. «Oddio, oddio» si lascia andare il campione mentre gesticola a dita unite come fanno i piloti per descrivere le manovre. Ai suoi Valentino racconta ciò che è successo, ciò che ha visto ed è spontaneo chiedersi che impatto avrà tutto questo su di lui, il suo futuro, la sua voglia di correre.

Bandiera rossa. La gara è appena stata sospesa e verrà poi cancellata. Una manciata di chilometri lontano dal box di Rossi c’è un ragazzo di 24 anni steso senza casco con la faccia sull’asfalto. Ha le vertebre cervicali rotte, ha un trauma pneumo toracico, è in arresto cardiaco e non si riprenderà più. È Marco Simoncelli. Lo riconosci per quel cespuglio di capelli che ha stregato grandi e piccini. È Marco, è il Sic. Poco distante da lui c’è Colin Edwards che viene soccorso. Ha una spalla lussata. Ha centrato senza colpe Simoncelli. Nel box, intanto, Valentino ha gli occhi lucidi e disperati, non riesce a trattenere le lacrime, scuote la testa mentre i replay della tv rimandano con pudore le sequenze rallentate. Anche Rossi ha centrato senza colpe Simoncelli. Si vede il Sic, in lotta con Bautista, che perde aderenza sul posteriore e scivola verso sinistra e poi incredibilmente ricompare sparato a destra, aggrappato alla sua moto impazzita e va a pigliare Edwards tagliandogli la strada mentre è piegato a destra, mentre sta lottando proprio con Valentino. E Colin lo prende e viene capottato in avanti, e Rossi anche ma essendo più a lato riesce a restare in sella, finisce sull’erba, rallenta sempre più, si volta indietro perché ha capito che stavolta il Dio dei motori ha guardato altrove. Il casco di Simoncelli sta ancora rotolando sull’erba.
Il responsabile della sicurezza, Franco Uncini, sentito da Skysport 24, farà sapere che «è stato il colpo al collo a provocare il danno vitale, non il casco che si è sfilato, ricorda il mio incidente, ma io fui preso in testa... Sembra che il colpo al collo sia arrivato dalla moto di Edwards, mentre Rossi ha preso la testa e un braccio, ma qui non ha importanza da dove sia arrivato il colpo, nessuno ha colpe, è stato un attimo, erano piegati verso destra e la loro visuale era limitata... non sono loro ad aver colpito Marco, ma lui ad essergli finito sotto le ruote... È una tragica fatalità, e su questo siamo impreparati».

Già, una fatalità. E allora pensi che proprio Uncini, nel 1983, venne preso in pieno sulla testa e perse il casco e finì in coma. Una fatalità. E allora pensi ad Axel Pons miracolato steso a terra che non si muove, in Moto2, un’ora prima del dramma di Simoncelli. Fatalità. E pensi ai molti, troppi voli che hanno tormentato i campioni quest’anno e anche parte dello scorso. Pensi a Valentino che si frattura disarcionato da una moto con gomme troppo fredde. Pensi che il Sic aveva super dure davanti e dietro mentre quasi tutti gli altri avevano la mescola più tranquilla sul posteriore. Pensi all’elettronica estrema, un’elettronica che in F1 oggi si sognano. E pensi a quel gesto disperato da cacciatore che non molla la preda compiuto da Marco per tentare di recuperare la moto che scivolava via e che l’ha puntato impazzita verso i due che passavano.

Il tragico romanzo di Simoncelli racconta di un meraviglioso ragazzo e della stagione che lo stava consacrando. Marco più veloce di tutti in prova, Marco incredibile in qualifica, Marco terribile e coraggioso in gara, Marco accusato da Lorenzo e Dovizioso e Stoner di essere «pericoloso per sé e gli altri», eravamo tra Francia e Barcellona, scorribande di tarda primavera. Marco a processo, Marco «non farlo più», Marco che si era messo d’impegno per non avere altri guai, Marco che una settimana fa, Phillip Island, isola d’Australia, aveva ottenuto il suo risultato più bello: secondo. Marco che dal suo letto d’albergo, appena sveglio, giovedì mattina, aveva registrato un video fai da te, «Ciao ragazzi, ho voglia di scendere in pista...» aveva detto.

E allora, e soprattutto, pensi a suo padre, al signor Paolo, alla sua composta disperazione fuori dal centro medico, pensi a mamma Rossella rimasta a casa, pensi fortissimamente che Marco, loro, devono ricordarlo così.

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