Controstorie

Dresda, il gioiello barocco che ha ripreso a brillare

Ricostruita pietra su pietra dopo i bombardamenti alleati, oggi è tornata essere la Firenze dell'Elba

Dresda, il gioiello barocco che ha ripreso a brillare

da Dresda

A fine estate si erano contati e hanno capito di essere non solo unteilbar, indivisibili, ma anche in tanti. Forse 40mila, sicuramente pronti, per la prima volta dall'unificazione della Germania nel 1990, a scendere in piazza. Può non essere scontato se in totale - compresi anche 28 anni di cortina di ferro - hai trascorso tre quarti di secolo a leccarti le ferite per rinascere, dopo uno dei bombardamenti più feroci e immotivati della storia. Stavolta in piazza sono piovute le idee di chi ha molto vissuto, eppure non si sente ancora rappresentato da nessuno. Le elezioni in Sassonia hanno confermato il primato della Cdu di Angela Merkel, ma anche esaltato l'estrema destra: così la gente guarda con sospetto sia a un populismo che deraglia, sia a una sinistra da cui si sente in parte abbandonata. Dresda alza la testa: che cosa è successo? Semplice, mentre tutto sulle rive dell'Elba, nasce a nuova vita, compresa una generazione di 30enni che non ha conosciuto il color ferro della cortina, se non nei ricordi dei vecchi, le differenze fra Ossi e Wessi, est e ovest, restano. E ora pesano quasi più di un tempo: gli stipendi dell'est sono più bassi e la crisi sembra frenare anche la locomotiva tedesca, fino al cuore industriale della Sassonia. Allora qualcuno abbozza: «Il lavoro, l'educazione: c'era povertà, ma prima eravamo tutti uguali». Eppure solo a pensarlo viene un brivido. Perché la città ce l'ha messa tutta per risorgere e oggi qui tutto parla d'arte e bellezza. Chi ha vissuto la guerra ha solo un'immagine per raccontarti di quel san Valentino del 1945: le fiamme si vedevano così da lontano che tutti sapevano che quella linea di alba perenne era, invece, Dresda che bruciava. L'attacco angloamericano fu una tempesta di bombe esplosive prima, incendiarie poi, per essere sicuri di cancellare tutto. Di sicuro, poi, non ci fu nemmeno il numero di morti, fra 20 e 35mila. La pira di cadaveri arrivava al cielo, lì in piazza Altmarkt dove una pietra d'inciampo lo ricorda. Tutt'intorno però, oggi, e negli ultimi decenni di baustelle, i lavori in corso hanno riportato la città alla vita. Ogni giorno c'è un'ultima pietra da sistemare e una nuova inaugurazione. Il barocco ferito dalla guerra è rinato con la stessa arenaria che annerirà col tempo, finendo così per sembrare più antica delle linee squadrate dello stile socialista del dopo bombe.

Della Ddr si è deciso di salvare la mole squadrata del Kulturpalast, per il resto sono mille le storie della nuova Dresda: la Frauenkircke, sventrata per anni, è tornata al suo splendore pastello con uno dei crowdfunding più imponenti dell'umanità. «Il figlio di uno dei piloti del raid inglese ha intagliato la nuova croce», sussurrano durante la visita. Perfino gli antichi depositi lungo il fiume hanno voltato pagina come il vecchio lagerhaus che oggi è lo splendido hotel Maritim. Gli italiani si sentono a casa nella città vecchia: non solo perché a Dresda piace farsi chiamare la Firenze dell'Elba. In realtà c'entra anche Dante, ma è tutto merito di Giovanni I di Sassonia che, nell'Ottocento, fra un impegno e l'altro come re, trovò pure il tempo di tradurre per la prima volta - tutta la Divina Commedia in tedesco. Lui, rampollo di casa Wettin, sangue blu, madre italiana e soprannome greco, «Filalete», amante della verità, ha un posto d'onore nella Fuerstenzug, un prodigio di mosaico in porcellana dalla vicina Meissen è il più grande al mondo che illustra la dinasty dei principi elettori di Sassonia. Passeggiandoci sotto si arriva ai profili meravigliosamente leziosi del palazzo Zwinger che ospita la pinacoteca degli Antichi maestri dove si trova ancora tanto made in Italy. Botticelli, Correggio, Parmigianino, Mantegna, fino a Raffaello con la pala della Madonna Sistina e soprattutto loro, i due angioletti pensierosi che noi conosciamo brandizzati da Fiorucci e che qui, invece, si contemplano in originale. Il fil rouge con Dresda «l'italiana» prosegue in musica con la Semperoper che fu il luogo dove quel Richard di Lipsia divenne Wagner, ma è anche la casa della Staatskapelle, una delle più antiche orchestre del mondo che ha avuto direttori italiani come Giuseppe Sinopoli e Fabio Luisi. Dresda è una miniatura: «Siamo ripartiti dalla bellezza per ritrovare serenità e vogliamo essere ascoltati», ti spiegano passeggiando per Muenzgasse dove nei locali non si fa tardi, ma si progetta il futuro. Sotto lo sguardo severo di Augusto Il Forte, «il cavaliere d'oro», si attraversa l'Elba che qualche guaio recente l'ha portato: per un suo ponte troppo moderno, poco fuori dal centro, l'Unesco ha tolto il world heritage alla città, eppure questo fiume sa esattamente come unire le due anime di Dresda. La città nuova, sulla sponda opposta, è una sorpresa: non fu toccata dai bombardamenti e oggi è un mix di cortili d'artista fra boutique di design, antiche botteghe e caffè dove si respira gioventù. Poi torni all'Elba e la vedi: è una cornice vuota dentro cui si specchia la nuova-vecchia Dresda, compresa qualche immancabile gru. È nel punto esatto in cui amava dipingerla Bernardo Bellotto, nipote di Canaletto senior. I suoi quadri sono serviti per ricostruire la città quando l'orrore aveva cancellato perfino i ricordi. Oggi non serve più: i turisti ci scattano i selfie, le mamme si siedono accanto, riposando dalla corsa con carrozzine hi tech. Dresda è tornata, fiera e unteilbar, indivisibile.

E ora è impossibile dimenticarla di nuovo perché è più bella di sempre.

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