Una droga borghese

Il cocainomane spesso si sfrega i denti, li ha tutti rosicchiati, poi ha l’occhio lucido, gli cola il naso, va spesso in bagno, muove la mandibola, alterna agitazione a depressione, è troppo aggressivo o troppo pacifico: ma i cocainomani tutto sommato sono pochi. Sono gli ordinari consumatori di cocaina che sono tantissimi: coloro che la gestiscono e si raccontano che una pista serale sia compatibile con una vita intera e con un lavoro anche responsabile e serissimo, ordinarie relazioni sociali, una moglie e dei figli trattati da quei buoni padri di famiglia che spesso peraltro sono: e non fumate, ragazzi, che fa male. Non è più, da molti anni, la droga dei ricchi.
Personalmente posso annoverare tra i suddetti consumatori una ventina di giornalisti sparsi in sette testate, e cinque o sei imprenditori, nove avvocati, un direttore di banca, un funzionario ministeriale, tre commercialisti, due notai, un imbianchino, un floricultore, un disoccupato delle liste dei giornalisti, un disoccupato vero e naturalmente vari modaioli.

Di destra o sinistra che siano, vige tra essi una postura reazionaria: pensano che la cocaina più di tanto non faccia male ma ritengono giusto che sia proibita per legge. La regola non scritta è la stessa di tutti i devianti perbene: fai quel che vuoi, ma se sei così scemo da farti beccare son casi tuoi. Noi non ti copriremo. C’est la vie.

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