Roberto Scafuri
da Roma
Vista dai banchi dellUnione, è sì una giornata storica, ma una giornata da funerale della Repubblica. I senatori Verdi, di solito inclini alle tinte vivaci, vestono in abito scuro e cravatta nera. Sauro Turroni assume faccia di circostanza e annuncia che «oggi è morta la Costituzione, uccisa dalla Cdl». Niente preci, un minuto di raccoglimento. Il silenzio piomba nel mezzo delle dichiarazioni di voto, accompagnato dal brusio della Cdl e sedato dal presidente Pera: «Colleghi, si può esprimere dissenso anche col silenzio». Finisce il minuto, lUnione applaude senza gioia la trovata in diretta tv per rimarcare «un giorno funesto per il Paese», dice Turroni.
Arrivati alla quarta rappresentazione, non ci si può attendere di più. Il copione è scontato, la trovata dei Verdi paradossalmente ravviva il clima mesto che si respira in metà emiciclo. Lunica notizia vera in aula viene bisbigliata dal ministro leghista Calderoli proprio ai banchi più di sinistra: «Missione compiuta, ora voglio dimettermi e tornare a presiedere laula, il Senato ha più bisogno di me, in questa fine legislatura...». La confidenza dà corpo a unimpressione generale: «Siamo ormai in campagna elettorale», dirà il capogruppo ds Gavino Angius. E tutti davvero pensano già al referendum che dovrà cancellare la «devolution-dissolution», come la definisce Angius.
La chiamata a raccolta, così come il parallelo funereo, comincia nel primo pomeriggio con una conferenza stampa nella quale lex presidente Scalfaro si autocandida alfiere della battaglia: «Di fronte a questa pagina dolorosissima di storia, a questo voto cimiteriale per la Costituzione del 48 che costò lacrime e sangue... informeremo i cittadini e li mobiliteremo in vista del referendum...». Lo ripeterà più tardi in aula, che questa è «una riforma inemendabile» e il «no un dovere civile e patriottico». Alla fine lUnione concede a Scalfaro un applauso come ai vecchi tempi. Di «battaglia referendaria che condurremo con determinazione» scrive anche il leader Prodi sul proprio sito Internet, definendosi «amareggiato come cittadino e politico». È una riforma «contro il Paese», aggiunge il Professore. Sul fronte referendario è già schierato il segretario ds Fassino, che definisce la legge «un provvedimento che non riforma, ma deforma». Fausto Bertinotti se la prende con «un governo risoluto soltanto nel fare le cose sbagliate», il comunista Diliberto parla di «pagina drammatica da cancellare con il referendum» e il verde Pecoraro Scanio dà la carica: «È una vittoria di Pirro che i cittadini bocceranno senza appello, un papocchio con il quale Berlusconi paga la cambiale alla Lega». «Regalo a Bossi», per la precisione «il regalo più costoso della storia», è la devoluzione anche per il socialista Ugo Intini.
Larrivo del Senatùr nelle tribune di Palazzo Madama intenerisce poco i toni dellopposizione. La senatrice Cinzia Dato trova una formula solo allapparenza gentile: «La riforma è un bouquet di fiori offerto al capezzale di Bossi», dice. Angius invece interromperà il suo intervento per salutare il leader leghista e sarà lunico applauso (breve) bipartisan. Il resto è un fiorire di espressioni pronte per la prossima campagna referendaria. «La devoluzione è un mostro nato dalla secessione predicata dalla Lega», dice il rifondatore Tommaso Sodano. «Questo di oggi non è un voto ma uno scempio», avverte Antonello Falomi (Il Cantiere). «Una legge che lacera il Paese», aggiunge il verde Stefano Boco. «Una legge vergogna», sintetizza il socialista Cesare Marini. «State prendendo in ostaggio lItalia», tuona Willer Bordon. «Una pagina nera del Parlamento causato dal ricatto della Lega, una vittoria di Bossi e una sconfitta dellItalia», ripete Angius.
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