Le due Italie di Corona e Santoro Cerchiamo la terza

C’è qualcosa di molto emblematico nella televisione che vedremo stasera. Qualcosa, ahimè, di rappresentativo. Su Raidue va in onda Annozero di Michele Santoro. E fin qui si può scommettere con buone probabilità di vittoria, sulla solita overdose di faziosità con conseguente contributo all’esasperazione del dibattito nel Paese nei giorni della presentazione del nuovo governo guidato dall’odiato Berlusconi. Su Italia 1, però, per la prima volta promosso in prima serata, ci sarà Il bivio di Enrico Ruggeri. La grande occasione che giustifica l’anticipo dell’orario è data dalla biografia di Fabrizio Corona, eroe del nostro tempo come purtroppo documenta l’audience delle sue precedenti apparizioni per esempio a Matrix di Enrico Mentana. Il tutto come a dire che, se il famoso Santoro di destra da contrapporre a quello esistente, non è ancora stato trovato, tuttavia un modello alternativo esiste, eccome. E chi si contenta...
Per tornare alla cronaca, Annozero racconterà «La peggio gioventù» partendo dal caso di Verona e dalla morte di Nicola Tommasoli, per arrivare ai naziskin e alla rinascita della violenza nelle strade e nelle notti italiane, con strumentalizzazioni e indulgenze annesse.
Dunque, da una parte il gossip privo di scrupoli di Corona, dall’altra la facinorosità mediatica di Santoro. Le due Italie: le più diametralmente opposte, le più estreme. Il grillismo e Vallettopoli, il giacobinismo e l’impunità impunita, il sessantottismo di ritorno e il supercafonal, gli anni ’70 allungati e i nani e le ballerine aggiornati, l’antipolitica del primato della magistratura e l’antipolitica del lelemorismo, la cultura delle frustate in diretta all’avversario assente e la cultura dell’esibizionsimo del perizoma (quando c’è), il cinismo della faziosità come volàno del protagonismo e il cinismo del trash coatto. Saper cavalcare le accuse di uso distorto del servizio pubblico riuscendo, passata la bufera, a incrementare la propria visibilità e la fama di incontrollabile da una parte, e saper gestire i ricatti, il bullismo fotografico, i matrimoni e le separazioni, compresi i propri, trasformando la vita in un grande reality a uso del circuito dei media basso-pop dall’altra, sono, in fondo, due forme simili di cinismo.
Confesso che avverto scarsa attrattiva per la prima volta di Fabrizio Corona con una fidanzatina già volto della pubblicità dell’epoca, e poi per le sue esperienze come escort di alcune signore benestanti in cerca di emozioni, e per i suoi bivi non si sa quanto esistenziali causati dall’incontro con Lele Mora prima e con Nina Moric poi. L’inchiesta sul seme della violenza che torna ad attecchire non solo in provincia potrebbe aver un appeal superiore. Tuttavia resto diffidente di fronte ai toni di Ruotolo e alle pontificazioni di Travaglio o alle prediche di Umberto Galimberti, il filosofo «ospite inquietante» di Annozero, che vista la sua abilità nel copia-incolla forse andrebbe iscritto nella «peggio maturità».
Domani, o forse già stasera in diretta, esploderanno nuove polemiche e partirà il solito minuetto di richiami della dirigenza Rai dopo le telefonate ai centralini di Viale Mazzini. Prima di domani, però, mette conto sottolineare che, anche se si tratta solo di due programmi tv, Corona e Santoro in onda alla stessa ora sono un piccolo passo indietro sulla strada del dialogo tra le due Italie, sono il muro contro muro, il ritorno al bipolarismo politico-mediatico degli anni ’90.
Certo, di fronte ai due cinismi di cui sopra, questo discorso ha il limite dell’ingenuità.

Superate le proteste delle lettere indignate ai giornali e di «basta con il canone», gli addetti ai lavori correranno a guardare il responso dell’Auditel (un euro sulla vittoria di Corona). Ma alla fine, forse proprio questa ingenuità resta l’ultimo bene da salvare. Magari facendosi aiutare dal telecomando nella ricerca di una terza Italia.

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