ParigiFinisce in tribunale la guerra per il controllo del Partito socialista francese. Ieri Manuel Valls, braccio destro di Ségolène Royal (nella foto), è andato davanti alle telecamere per dimostrare, conti alla mano, i brogli commessi in alcune federazioni allo scopo di far vincere la candidata dell'apparato, Martine Aubry, nel ballottaggio per la guida della principale formazione politica della sinistra transalpina. In una sezione di Lille, guarda caso la città di cui la Aubry è sindaco, quest'ultima è stata accreditata ufficialmente di 130 voti venerdì notte, dopo lo spoglio delle schede. Poi ci si è accorti che i voti a suo favore erano solo 110, ma intanto tutti i tabulati nazionali avevano registrato la cifra di 130. Può sembrare un dettaglio, visto che i votanti sono stati 140mila. Ma non lo è affatto, dato che la maggioranza con cui la Aubry avrebbe vinto la corsa alla segreteria del partito è di appena 18 voti. Prima si pensava fossero 42, ma poi è stato corretto un errore e la distanza si è ridotta praticamente a nulla. C'è chi dice che in certe sezioni abbiano votato anche i morti. Nel denunciare i brogli elettorali, commessi in particolare nelle federazioni socialiste del nord a favore della Aubry, i collaboratori di Ségolène Royal sono decisi a ricorrere alla magistratura. Lo scontro sinasprisce di giorno in giorno.
I vertici del partito si sono schierati dalla parte della Aubry, che vuole una linea di «unità delle sinistre», mentre la Royal ipotizza un'apertura al centro di François Bayrou. Domani sera si riunisce a Parigi il Consiglio nazionale. Tutto resta possibile: dal compromesso alla scissione, passando per la convocazione di un congresso straordinario.
Certo un partito politico è in crisi profonda quando i suoi membri ricorrono alla magistratura per regolare le questioni interne. E, di riflesso, la definizione della linea politica.
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