Il gozzo torna a Surriento. Più precisamente a Torre Annunziata. Ma non fa differenza. Il celebre marchio Apreamare, quello del gozzo sorrentino, si riprende lanima migrata nove anni fa in quel di Forlì, alla corte di Re Norberto. Che nei giorni scorsi ha ceduto il 100% dello storico brand alla famiglia dorigine, gli Aprea-Pollio: quarta (ma in azienda si affaccia già la quinta) generazione di imprenditori nautici.
La prima cominciò a navigare nel 1849, quando Giovanni Aprea fondò la società. Che oggi propone la classica produzione di gozzi (dai 28 ai 64 piedi) e la linea «Maestro», yacht dal design originale e sofisticato (dai 51 agli 82 piedi).
Ma come, si dirà, proprio adesso? Il settore nautico, come altri comparti, soffre la crisi, eppure cè qualcuno che simpegola in unoperazione di questa portata? «Je so pazzo», vi sentirete rispondere da Cataldo Aprea, comandante in capo del polo nautico di Torre Annunziata. Ha proprio ragione
Però non chiamatelo dottore, né commendatore. E neppure Signor Aprea. Vi toglierebbe il saluto. Lui è il Maestro. Anzi, Maestro dascia, esattamente come recita lincisione sulla targa che troneggia fiera sul bordo anteriore, fronte ospiti, della sua scrivania. Ultimo moicano di una razza di geniacci quasi estinta. Maestro dascia come il bisnonno fondatore, Giovanni I; il nonno Cataldo I; babbo Giovanni II. Nomi che si ripetono, quasi a scandire il tempo delle generazioni. E poi i soci della nuova avventura: Giovanni Aprea III, figliolo dellattuale presidente, con Rita e Antonino Pollio, figli di Salvatore, socio storico del cantiere.
«Non ringrazierò mai abbastanza Norberto Ferretti e il suo gruppo. Lesperienza lunga nove anni è stata unica e irripetibile. Non tutti hanno avuto questa fortuna. Se oggi ho portato a termine questa operazione è perché ho imparato tanto alluniversità di Forlì. E mi creda, sono cose che non simparano sui libri. Al di là di questo cè il grande rapporto umano con Norberto, con Lamberto Tacoli, con Tilli Antonelli e tutti gli altri. I rapporti stretti, sia personali sia professionali, di sicuro faranno nascere collaborazioni future, quale importante esempio di sinergie per lintera nautica internazionale». Così parlò il Maestro, al secolo Cataldo II, sfregandosi gli occhi con le dita al momento del commiato.
Maestro, tanto per vedere l'effetto che fa
Comè il giorno dopo, anema e core lontani da Forlì?
«Molto preoccupato, sarei incosciente se dicessi il contrario. Però io e i miei soci siamo soddisfatti. La trattativa è durata più di un anno. A tratti è stata difficile. Crediamo nel futuro dellazienda. Sarebbe stato più facile dire di no e cominciare unaltra avventura. Di fronte alla prospettiva di vedere Apreamare nelle mani di qualche speculatore senza conoscenze specifiche, abbiamo optato per un sacrificio economico, pur rilevante. E poi cè la passione. E anche 200 dipendenti che conosciamo per nome, uno ad uno».
La crisi è alle spalle, i suoi effetti non ancora.
«A da passà a nuttata... Sono consapevole che per Apreamare non sarà una piacevole gitarella in barca. Quelli come me sono abituati a rimboccarsi le maniche. Ho visto altre crisi, situazioni ben peggiori. Ma confido nei prossimi sei mesi. Saranno cruciali. E determinanti per lazienda».
Di solito il ritorno alle origini rinnova stimoli e scopre nuove rotte...
«Certamente il ritorno alle origini è un fatto positivo, direi importante soprattutto per il territorio. Anzi, considero tutto questo unoperazione sul territorio, unarea dalla enormi potenzialità ma degradata a zona depressa attraverso scelte a dir poco aberranti».
Maestro, con chi ce lha?
«Non mi fraintenda. Sicuramente non con questo governo. Le scelte sbagliate partono da molto lontano. Oggi non voglio parlarne, sono reduce dal dentista che mi ha estratto un dente del giudizio... Mi capisca, faccio fatica a parlare».
Capito. Allora, dente permettendo, possiamo parlare di progetti futuri?
«Massì! Dunque: ai sindacati ho già detto che per ora non possono chiedermi piani industriali, programmi o altro ancora. Loro devono fidarsi. È presto, ne discuteremo con calma più avanti. C la faremo».
Chiaro. Ma sindacati a parte, è difficile immaginare un vulcano come Cataldo II - pardon - il Maestro, che non abbia unidea rinchiusa nel cassetto...
«Cè qualcosa, certo che cè. E anche qualcosa di importante.
Cataldo II è in piedi, mani in tasca. Nella destra San Gennaro, nella sinistra il corno rosso.
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