TrevisoAl posto delle virgole, le bestemmie. Nei discorsi piuttosto concitati che scaturiscono dalle partite di briscola che si giocano in questa osteria di Follina, un paesino di neanche quattromila anime del Trevigiano, le pause dellargomentare vengono sottolineate da variopinte invocazioni sacrileghe del nome di Dio. Non a caso il locale si chiama, in dialetto veneto, «Bestemadora», quasi un marchio di fabbrica di una fastidiosa abitudine destinata a lievitare durante le partite a carte.
«Non direi che qui da noi si bestemmi più che altrove», ha cercato di tranquillizzare tutti il titolare del locale, Fabrizio Biz. Peccato che dallaltra parte della strada ci siano i frati cistercensi che al fine eloquio degli avventori della «Bestemadora» non intendono rassegnarsi. Già, perché durante le partite più combattute, magari diluite da svariati bicchieri di quel vino che da queste parti è di ottima qualità e scorre a fiumi, leco delle imprecazioni, specie durante la bella stagione, si infila tra le pareti dellabbazia e sconvolge il programma di preghiere quotidiano.
«Labbazia - ha ricordato padre Ermenegildo al Corriere del Veneto - ha ancora unatmosfera che richiama non solo la religiosità, ma anche la preziosità dei comportamenti». E per non lasciare nulla di intentato, hanno pensato di affiggere al portone della chiesa, giusto di fronte allirriverente «Bestemadora», un richiamo forte di papa Albino Luciani, già vescovo di Vittorio Veneto: «Per il dilagare della bestemmia, come vescovo piango e come cittadino mi vergogno». Parole sante, ma che non sembrano aver sortito effetto.
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