E adesso Prodi imbraccia l’arma della riforma tv

«Disincagliare la riforma della tv»: la parola d’ordine è partita ieri da Prodi in persona.
Nel giorno stesso in cui si vocifera di un primo incontro (non confermato) tra Berlusconi e Veltroni, Palazzo Chigi agita la muleta rossa del ddl Gentiloni, quella legge di riassetto del sistema tv che il Cavaliere aveva definito «un atto di banditismo» contro di lui e contro le sue reti, e che per ora se ne sta arenato nelle commissioni parlamentari.
L’occasione per tornare alla carica su un tema già evocato l’altro giorno dal premier (il «pericolo per la democrazia» costituito dal «monopolio mediatico» di Berlusconi) è stata fornita con gran tempismo a Prodi dallo scoop di Repubblica sulle intercettazioni Rai. Che - come riconoscono in casa veltroniana - costituisce «un bel siluro sull’avvio del dialogo» tra il Cavaliere e il leader del Pd.
Non tanto perché si pensi davvero di poter accelerare l’approvazione del ddl, su cui lo stesso centrosinistra è diviso. Ma perché costringe tutta l’Unione, Veltroni incluso, a compattarsi nella tonante denuncia del conflitto d’interessi berlusconiano.

E diventa obiettivamente più difficile trattare sulle nuove regole per la democrazia con chi la mette in «pericolo». Soprattutto se, come sostiene Prodi, sullo stesso tavolo della legge elettorale va messa anche una riforma tv «vera, autentica e democratica».

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