E' bufera sulla nazionale, "Roma ladrona" nell’inno: scoppia il caso Marchisio

Il centrocampista di Juve e Nazionale avrebbe cantato una versione leghista di Fratelli d’Italia prima dell’amichevole con la Svizzera. A Roma si chiede la sua esclusione, lui si difende: "Ero solo fuori tempo"

E' bufera sulla nazionale, 
"Roma ladrona" nell’inno: 
scoppia il caso Marchisio

La corte multimediale si riunisce nel primo pomeriggio di ieri, convocata da un procuratore di scandali utente di YouTube. La prova sarebbe uno spezzone della partita Italia-Svizzera di sabato sera, per la precisione il filmato degli Azzurri che cantano l’inno. L’inquisito è Claudio Marchisio, centrocampista della Juventus. L’ipotesi di reato è grave: aver aggiunto proditoriamente l’epiteto «ladrona» dopo il verso «schiava di Roma». La richiesta dell’accusa è pesante: radiazione dalla Nazionale. Può avere inizio il primo procedimento alle intenzioni labiali, una via di mezzo tra il linciaggio politico e il «Processo di Biscardi», un can can nazionale di paranoie, insulti geografici e sfottò calcistici. Comunque un giallo che fa discutere.
Se davvero questo fosse un processo, si partirebbe con l’esame delle prove. A Ginevra sabato sera l’Italia sfida la Svizzera nell’ultima amichevole pre Mondiale. Raiuno trasmette prima del match la classica «carrellata» sui calciatori che cantano l’inno di Mameli. A un certo punto, tra qualcuno che mastica chewing gum e qualcun altro che sibila qualche verso, si notano Cannavaro e Iaquinta che sorridono e si girano a guardare Marchisio, in piedi tra i due. Lo stesso Marchisio abbozza. Da questo fatto, su Internet scoppia il caso. Marchisio avrebbe cantato «che è schiava di Roma... ladrona». Ecco il motivo dell’ilarità di chi gli era accanto. In poche ore centinaia di commenti: l’intera Italia - pallonara o militante - si dichiara parte civile.

I colpevolisti sono determinati. Il 24enne ragazzo di Chieri, sulle colline torinesi, ha insultato la capitale della nazione che rappresenta, ha offeso la maglia e l’inno come un Bossi qualunque, facendo professione di leghismo in un momento celebrativo. Tra i più avvelenati, ovviamente, i romani. E soprattutto i romanisti che - si legge in rete - vedono una disparità tra le dure accuse al giallorosso De Rossi dopo le sue critiche ai poliziotti negli stadi e il Marchisio secessionista. Esemplare è quanto dichiarato da Paolo Cento, presidente del Roma club di Montecitorio: «Deve chiedere scusa a Roma e al Paese. Se le parole saranno confermate, Marchisio deve lasciare la Nazionale».

Dall’altra parte gli innocentisti, e anche gli scettici. Cioè quelli che in quel video non riconoscono il «ladrona»: «Per me potrebbe aver detto anche “tergicristallo” o “quattrostagioni”», ammette qualcuno. Sono la maggioranza e si fanno delle domande. Ecco i loro dubbi. In primis il momento: il canto dell’inno è l’istante in cui le tv inquadrano tutti i giocatori. Si è esposti al mondo, quindi sarebbe da fessi cantare qualunque sciocchezza, a meno che di non voler sollevare scientemente uno scandalo, rovinandosi una carriera appena iniziata. Secondo: Marchisio, biondino gentile ed educato - «ragazzo serio ed esemplare» come ricordato dal ct Marcello Lippi, che chiude subito il caso («Ma per favore...») -, non è una testa calda. Non è un Cassano, un Balotelli. Sfoggia la timidezza del debuttante in una grande competizione. Terzo: se si ascolta bene, mentre la banda suona le note del «porga la chioma», si nota che Marchisio già canta «che è schiava di Roma», salvo poi balbettare e sorridere. Ecco dunque l’arringa difensiva: impappinamento canterino. Ed è proprio quanto sostiene lo stesso Marchisio, che in serata spiega: «Nessuna frase offensiva, ero semplicemente fuori tempo con la banda». Tutto qui, nessuna rivendicazione padana.

Tesi confermata dalla ricostruzione compiuta da Telelombardia del labiale di capitan Cannavaro, che nel frangente avrebbe detto al compagno di squadra: «Abbiamo perso il tempo». Eppure su Facebook impazzano i siti «Marchisio vattene», «Marchisio fai schifo». Potenza della tv, del calcio e della politica, che riescono a tingere di giallo anche gli Azzurri.

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