Politica

E Confindustria detta la linea al governo: «Basta coi sacrifici»

Gli imprenditori reclamano misure per rilanciare l’economia: subito il taglio del costo del lavoro, via alla riduzione della spesa pubblica

da Roma

Il boom delle entrate tributarie nel primo semestre 2006 ha una sola madre e «non ha targa partitica»: la ripresa economica. La strada per la prossima Finanziaria è già segnata: «Le imposte (in particolare quelle pagate dalle imprese) stanno già fornendo il loro contributo alla manovra: non resta che tagliare le spese».
Con un breve commento sulla prima pagina del Sole24Ore di ieri il quotidiano confindustriale ha indicato le linee guida alle quali dovrebbe attenersi la legge di bilancio per il 2007, ovvero fine dei sacrifici per le imprese e cospicue riduzioni dei costi della pubblica amministrazione. Si tratta di un caveat degli imprenditori alla classe di governo a non utilizzare il maggior gettito per finanziare un consenso già indebolito, magari attraverso la spesa pubblica come vorrebbe la sinistra radicale. Per i tagli, sottolinea il Sole, non c’è «nessun alibi».
Le notazioni confindustriali sono giunte a poco più di una settimana dall’intervista del presidente Luca Cordero di Montezemolo al Wall Street Journal nella quale prevaleva un atteggiamento di sostanziale sfiducia nei confronti dell’esecutivo. Ma il rapporto tra il leader di Viale dell’Astronomia e il governo Prodi per essere compreso va analizzato nel suo evolversi. Bisogna, quindi, tornare al convegno di marzo nella «fatal Vicenza».
Prima dell’intervento-shock di Silvio Berlusconi, il presidente Montezemolo aveva auspicato «una intesa vasta per una revisione del sistema fiscale e contributivo che riduca il costo del lavoro e liberi risorse a favore dei lavoratori e delle imprese». La proposta di un taglio del cuneo fiscale di 10 punti era partita proprio da lì e il programma dell’Unione l’aveva recepita anche se parzialmente (riduzione limitata a 5 punti, ndr). Il tema fu ampiamente ribadito nel corso dell’assemblea annuale dello scorso 25 maggio. «Rilancio competitivo e creazione di occupazione devono essere la stella polare della politica fiscale», aveva ripetuto Montezemolo mettendo in luce (anche per motivi di coesione interna dell’associazione) anche le contraddizioni di un’imposta come l’Irap, sgradita alla maggioranza degli imprenditori.
Il gioco di sponda tra Palazzo Chigi e Bankitalia sulla necessità del rigore ha sempre trovato nel presidente della Fiat uno strenuo sostenitore. «Noi - affermava lo scorso primo giugno Montezemolo - dobbiamo riprendere il sentiero di risanamento dei conti pubblici. Ma risanare la finanza pubblica senza la crescita non è possibile». Insomma, l’appoggio confindustriale c’è, ma solo fino a quando verranno garantiti gli sgravi alle imprese.
Quando, dopo i primi vertici con i sindacati, il governo ha intrapreso una lunga serie di retromarce che hanno messo in discussione l’entità e la fattibilità del taglio del cuneo, Montezemolo ha lanciato il primo avvertimento: «È finito il tempo delle promesse: il taglio del cuneo non può essere selettivo». Dopo le rassicurazioni di Padoa-Schioppa e Prodi, la polemica si è via via sopita. Anche se alle invettive dei sindacati, il presidente non ha mai smesso di opporre il più classico dei «servono scelte coraggiose». Tutto questo fino alla fatidica intervista al Wsj.

«In questi due mesi non ho visto un solo vero sforzo per tagliare le spese», ha dichiarato. L’enigma è sempre lo stesso: come farà Prodi a mettere lo stesso piede nella scarpa di Confindustria e in quello dei sindacati e dell’estrema sinistra?

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