E D’Alema telefonò: caro Romano, per salvarti devi sacrificare Rovati

Ds e Margherita insistono: dimissioni. Ma il presidente del Consiglio fa muro

da Roma

Nonostante le complicazioni dovute al fuso orario e le difficoltà di comunicazione con la Cina, Romano Prodi ha fatto ben intendere ai suoi alleati che su Angelo Rovati è intenzionato a far muro, fino in fondo.
Raccontano che le richieste di dimissioni del consigliere economico diventato pietra dello scandalo abbiano mandato in bestia il Professore: prima il fondo del direttore di Repubblica che rievocava maliziosamente il precedente Ghirelli (il portavoce del Quirinale che si dimise per coprire una gaffe del Presidente Pertini); poi l’editoriale di Europa, giornale rutelliano. Ieri l’intervista al Sole 24 Ore di Nicola Rossi, economista e deputato ds, già consigliere economico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi (ma non risultano suoi piani industriali faxati su carta intestata). Nel frattempo, dicono i boatos, anche una telefonata del vicepremier diessino, che avrebbe sollecitato anch’egli il «sacrificio» di Rovati, perchè «altrimenti diventa più difficile difendere te».
Ma il sospettosissimo premier ha fiutato la trappola e tenuto duro. «Far dimettere Rovati finirebbe per sembrare un’ammissione di debolezza», osserva un dirigente di Rifondazione. Partito che per ora fa da spalla a Prodi, assieme a Verdi, Di Pietro e Pdci, appoggiando la linea di interventismo statale in economia (riassunta dal piano Rovati) e sperando di incassare una contropartita sulla Finanziaria. «Sono d'accordo con Rovati, per quanto le forme usate possono essere opinabili», fa sapere Oliviero Diliberto. «Io sono fautore del ritorno ad alcuni mirati interventi delle partecipazioni statali».
Ma nell’Ulivo covano malumore e preoccupazione: «Parlano di sondaggi disastrosi, dicono che dopo l’affaire Telecom la Cdl ci ha sorpassati e che il gradimento del governo è precipitato», confidano dal Prc. «La vicenda ha creato un grave vulnus nel rapporto tra economia e politica - nota il ds Peppino Caldarola - e ora per liberare Prodi dai sospetti occorre che il suo ruolo sia scisso da quello di Rovati. Il consigliere del premier non può essere anche consulente di una grande azienda. La questione non può chiudersi come se niente fosse, e so che la mia non è una posizione isolata nell’Ulivo». Nicola Rossi non è meno incisivo: Rovati «si doveva dimettere». E ce n’è anche per Prodi: «Non è possibile rivelare in comunicati stampa della presidenza del Consiglio i contenuti di una trattativa industriale. Ora con quale predisposizione verrà in Italia un’azienda straniera?».

E per il capogruppo della Rosa nel pugno Roberto Villetti «se Rovati, tornando dalla Cina, si facesse generosamente da parte, contribuirebbe a sgombrare gli equivoci». Ma il dalemiano Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori ulivisti, fa capire che lo stato maggiore, di fronte alla resistenza prodiana, sta frenando: «Le richieste di dimissioni? Sono solo iniziative individuali».

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