E Ferrara disse: "La lista pazza, che errore"

Giuliano Ferrara ieri ha detto un sacco di cose giuste, giustissime, e una sbagliata. Cominciamo con quest’ultima. Ha detto che attraverso la sua lista pazza «è stata rotta un’opaca congiura del silenzio». Naturalmente, silenzio sulla tragedia dell’aborto, cinque milioni all’anno solo quelli legali, centotrentamila in Italia.
No, caro Ferrara. La congiura del silenzio c’era e in effetti sei stato tu a romperla (quando a urlare erano solo i cattolici dei centri aiuto alla vita, non se li filava nessuno): però non l’hai rotta con la lista pazza, l’hai rotta con una formidabile campagna mediatica che ha puntato dritto al cuore e alla ragione di tutti, atei e credenti, e ha costretto tutti, baciapile e mangiapreti, a venirti dietro. Perfino il Papa ti ha dedicato un Angelus, ha usato le tue stesse parole («Dopo la moratoria sulla pena di morte occorre una moratoria sull’aborto») e non era mai successo, a memoria d’uomo, che un Papa andasse a rimorchio di un giornalista. Perfino un sacco di femministe e abortisti d’antan si sono fermati a riflettere, di fronte alla tua campagna, e anche questo non era mai successo a memoria d’uomo. Insomma se si è tornati a parlare di aborto è stato per il capolavoro che abbiamo visto svilupparsi giorno dopo giorno sulle pagine del Foglio, ben prima della lista pazza.
Ora veniamo alle cose giuste che Ferrara ha detto ieri. Prima cosa giusta: «Non siamo riusciti a tradurre nel linguaggio di una competizione elettorale la forza di un dibattito culturale, civile, etico». Seconda: «L’idea della lista si è rivelata fallace». Terza: «Era la lista sbagliata nel momento sbagliato». Ecco, le cose giuste Ferrara le ha dette per dire che aveva fatto una cosa sbagliata. Ieri era il giorno della presa d’atto della «catastrofe», ed è bello vedere che Ferrara si distingue in un mondo di ipocriti che dicono sempre di aver vinto anche quando alla conta dei voti risultano in quattro gatti. Il direttore del Foglio è uomo d’altra risma e non nasconde la realtà: «Al mio grido di dolore l’elettore ha risposto con una pernacchia». Il suo mea culpa gli fa onore.
Questo giornale aveva prima appoggiato senza riserve la battaglia per la moratoria, poi con altrettanta decisione aveva criticato la decisione di trasformare questa battaglia in una competizione elettorale. Prima il direttore e poi il sottoscritto avevano sostenuto che non è un partito lo strumento adatto per scuotere le coscienze. Ora, è ben lontana da noi la tentazione di rivendicare lungimiranza: al contrario, avremmo preferito essere smentiti dai fatti e vedere l’Elefantino entrare in Parlamento con una pattuglia neppure troppo sparuta. Personalmente (ad esempio) dopo aver scritto che la lista era un errore, quella lista l’ho anche sostenuta: non per schizofrenia, ma perché il partito anti-aborto di Ferrara è stato come una gravidanza indesiderata, non l’avevi programmata ma una volta che il bambino c’è lo ami e lo fai crescere.
Però non era difficile immaginare le conseguenze negative della strana scelta di correre alle elezioni. Da quando è nata la lista, il clima nei confronti di Ferrara s’è avvelenato, non più confronto ma scontro, pomodori, sputi, insulti, e l’ignobile sospetto di aver strumentalizzato una tragedia per una poltrona. Balla colossale, ovviamente: ma in politica spesso conta più l’immagine della realtà. E contano soprattutto i risultati, in politica: per questo avevamo detto Giuliano non farlo, prenderai l’uno virgola e la gente dirà avete visto?, dell’aborto non frega niente a nessuno. Avevamo sbagliato per eccesso: alla fine è stato zero virgola.
Perché l’hai fatto, Ferrara? Perché nel Pci ti avevano insegnato che tutto è politico, e che non si fa nulla senza un partito? O per seguire la tua vocazione di cavaliere delle cause impossibili? Non lo sappiamo. Comunque ti siamo vicini.

Perché hai capito di avere sbagliato e, soprattutto, perché hai detto che continuerai la tua battaglia «sul terreno su cui è partita: cultura, idee, informazione, agitazione». Su quel terreno, conta su di noi.
Michele Brambilla

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