da Roma
Circa quaranta voli cancellati e ritardi nelle partenze che superato l’ora e mezzo: sono i risultati delle assemblee del personale di Alitalia e Air One svoltasi ieri all’aeroporto di Fiumicino. Più che l’ennesima serie di disagi per gli incolpevoli passeggeri rimasti a terra peseranno i costi dell’agitazione sindacale.
Che andranno ad aggiungersi a 1,2 miliardi di euro di debiti, un patrimonio netto negativo di 100 milioni e a perdite che entro fine mese dovrebbero raggiungere gli 800 milioni di euro. La trattativa di ieri al ministero del Lavoro che ha visto confrontarsi il governo, le organizzazioni dei lavoratori, Cai e il commissario straordinario assume un’importanza ancor più strategica. Al di là delle parole del ministro Sacconi («o si chiude stanotte o mai più») il vero rischio è quello paventato da Augusto Fantozzi: la disdetta dei contratti e il fallimento di tutta la baracca. Ma che cosa succederà a seconda che si materializzi uno dei due scenari possibili?
Il decollo. È la soluzione per la quale politica e imprenditori fanno il tifo. Anche se non sarà indolore garantirà all’Italia le permanenza di una grande compagnia di trasporto aereo. La firma dei sindacati ai contratti proposti dalla Cai guidata da Rocco Sabelli consentirebbe di avviare una transizione difficile, ma comunque ricca di prospettive. Il piano Fenice messo a punto da Intesa Sanpaolo prevede, oltre all’integrazione di Alitalia ed Air One, la sopravvivenza di oltre 60 rotte e l’utilizzo di circa 140 aeromobili. Gli esuberi finora ufficializzati sono 3.250 e le manifestazioni di interesse per il settore cargo e la manutenzione lasciano sperare anche per quella che Sacconi aveva definito la «zona grigia».
Il passaggio. Attualmente Cai sta svolgendo una due diligence (una verifica puntuale) dei beni di Alitalia - aerei e personali - alle quali è interessata. Entro fine mese si dovrebbe giungere, grazie al lavoro degli advisor Intesa Sanpaolo e Boston Consulting, alla formulazione di un’offerta definitiva che potrebbe anche discostarsi dai 400 milioni debiti esclusi finora trapelati dalle indiscrezioni. Fino a quando la cessione non sarà formalizzata tutti i beni resteranno in capo all’azienda di via della Magliana, che continuerà a volare grazie alla proroga della licenza Enac valida fino al prossimo 2 marzo. Il commissario dovrà di volta in volta ottenere l’autorizzazione giudiziaria a eseguire i pagamenti necessari alla prosecuzione dell’attività. Con tutte le difficoltà del caso perché lo stato di insolvenza mette i creditori sul «chi vive» e Fantozzi deve cercare di dosare allo scopo le esigue risorse disponibili (la compagnia praticamente vive della vendita dei biglietti; ndr) per garantire anche gli hotel a hostess e piloti.
La nuova Alitalia. Quando Cai acquisterà gli asset della vecchia Alitalia si sarà già dotata della capitalizzazione necessaria ad avviare il proprio piano. Da novembre, quindi, dovrebbe decollare la nuova compagnia. I circa 100 aerei che non saranno acquistati (in massima parte i vecchi Md 80 e Atr) saranno venduti ad altri acquirenti. E serviranno per rimborsare parzialmente i creditori della ex compagnia di bandiera.
Il fallimento. Se i sindacati non dovessero accettare le condizioni contrattuali di Cai, al commissario Augusto Fantozzi non resterebbe che portare i libri in tribunale per chiedere la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento. Alitalia farebbe la fine di Swissair. Successivamente si procederebbe alla nomina del curatore, alla formazione del comitato dei creditori per l’accertamento del passivo e alla liquidazione degli attivi, cioè aerei e altri beni immobili. I voli sarebbero immediatamente sospesi e i contratti disdettati. Gli oltre 11mila dipendenti sarebbero licenziati in tronco.
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