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E in Francia il «no» continua a prevalere

Tre sondaggi danno vincenti i contrari alla nuova Costituzione europea con percentuali del 53-54%

Alberto Toscano

da Parigi

Gran brutta campagna elettorale, quella che i francesi stanno vivendo in vista del referendum di domenica prossima e che ieri è stata scandita da tre nuovi sondaggi, tutti favorevoli al «no» alla ratifica della Costituzione Ue (53-54 per cento contro 46-47 per cento). Ovunque volano insulti, menzogne e demagogia a go-go. Chi è sincero, dice talvolta cose da mettersi le mani nei capelli. È il caso della signora Halimi, avvocatessa «storica» della sinistra, che va in tv a spiegare come uno dei difetti di questa Costituzione sia, secondo lei, quello di non imporre l’aborto ai Paesi che ancora lo rifiutano. Ecco la logica «napoleonica» di cui parla nei suoi comizi l’eurodeputato verde Daniel Cohn-Bendit, partigiano del «sì».
Secondo Cohn-Bendit i fautori del no hanno in mente un modello ben preciso di società «alla francese», che pretendono di esportare al resto dell’Europa. Per quelle persone, la Costituzione non può essere un compromesso, ma deve essere il frutto della conversione dell’Europa intera alla mentalità «repubblicana» francese. Napoleone esportava il «modello francese» col suo esercito e certi euroscettici del nazionalismo di sinistra - a cominciare dall’ex ministro Jean-Pierre Chevènement - vogliono esportarlo mettendo il resto dell’Europa di fronte a un’alternativa: accettare i voleri di Parigi o rinunciare alla Costituzione.
Poi c’è il nazionalismo di destra, che almeno ha il merito d’essere coerente con se stesso: il leader xenofobo Jean-Marie Le Pen ha sempre detto di non volere gli stranieri e adesso denuncia la Costituzione come la «condanna a morte della Francia», destinata secondo lui a essere sommersa da un’ondata di gente che giungerà da chissà dove. Dire che (cosa verissima) almeno la metà dei no di domenica prossima verranno dalla destra nazional-conservatrice e dall’estrema destra è la cosa meno «politically correct» che si possa fare in una cena parigina. I «bobò» - letteralmente «bourgeois bohème», ossia la gente bene di una certa sinistra radicalchic - detestano sentirsi rinfacciare il fatto che il loro voto contro la Costituzione europea s’intreccerà con quello degli amici di Le Pen.
In tv gli esponenti «antimondialisti» intervengono in continuazione a favore del no. Cominciando col lamentarsi perché, secondo loro, i vari canali non danno abbastanza spesso la parola ai fautori del no. Poi accusano la Costituzione di preparare la fine del «modello sociale francese» e di essere un perfido strumento del diabolico liberalismo filoamericano. Infine quello che è secondo loro il colpo di grazia al Trattato costituzionale comunitario: la citazione degli articoli sull’organizzazione dell’economia europea. In un dibattito televisivo tra l’esponente dei popolari europei Alain Lamassoure, una signora «antimondialista» ha sciorinato gli articoli della Costituzione favorevoli al libero mercato. La poveretta non sapeva che quegli articoli fanno parte di trattati già ratificati e già in vigore. Semmai la Costituzione aggiunge elementi politici a quelli economici già esistenti.
La propaganda del «no» è rudimentale, ma efficace perché la gente è scontenta di come vanno le cose. Vuol fare un dispetto a Chirac e - se per farlo c’è da gambizzare l’Europa - non pensa che sia poi tanto grave. Di qui i moniti dei fautori del «sì», che cominciano a tratteggiare scenari catastrofici in caso di sepoltura francese del testo costituzionale. «La Francia rischia d’essere isolata in Europa e di contare assai meno di prima». «La Borsa rischia uno scivolone». «I capitali stranieri potrebbero fuggire altrove e il Paese sarebbe sconvolto da una raffica di licenziamenti». Insomma, uno scenario da pelle d’oca.

Ecco il succo di una campagna in cui le due parti della Francia giocano a farsi paura a vicenda, perdendo così l’occasione di parlare seriamente del futuro dell’Europa.

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