RomaFrenare, abbassare i toni ed evitare inutili polemiche. Perché il tappo è saltato troppo presto e a rimetterci rischiano di essere soprattutto i finiani, a partire da Renata Polverini. Tra rassicurazioni e conferme, si delimitano i contorni di Generazione Italia, braccio politico del presidente della Camera. Sono chiari gli obiettivi, ma è altrettanto evidente il fatto che lesordio di GI non sia andato secondo i piani.
Lagenda è saltata. E loperazione è diventata meno indolore di quanto speravano i promotori. Lo ha riconosciuto ieri lo stesso Gianfranco Fini: «Giusta liniziativa, ma non doveva essere annunciata ora». Il perché lo ha spiegato Flavia Perina, deputata finiana e direttore del Secolo dItalia. «La notizia è stata anticipata da un editoriale di Feltri. Era un progetto a cui si stava lavorando con la prospettiva di renderlo pubblico dopo il voto. Cosa che sarebbe stata più logica». Il «piccolo scoop» del Giornale ha invece messo i finiani «nelle condizioni di confermare e scoprire le carte».
E come spesso succede quando le carte si scoprono, il gioco si è complicato. Gli altri giocatori si sono attrezzati e sono emersi i dubbi di chi in teoria poteva assecondare il progetto (è noto che molti ex An non sono entusiasti). Poi, chi aveva in mano il mazzo, è stato costretto a rivedere la strategia.
Linvito a gettare acqua sul fuoco è arrivato direttamente dal presidente della Camera. Ieri è quindi stata la giornata delle precisazioni. Non si tratta di una corrente, ma di un «laboratorio» di idee, ha assicurato Perina. Italo Bocchino ha sottolineato che lobiettivo «non è dividere, ma rafforzare il Pdl creando un clima di armonia». Generazione Italia non è la corrente di Fini e non criticherà mai Berlusconi, ha assicurato il vicecapogruppo del Pdl. Lunedì Bocchino era stato meno prudente, quando aveva spiegato che «la sua missione sarà quella di aggregare tutte le forze disponibili a sostenere la leadership di Fini». Nessuno «sfascio», ha sottolineato ieri Perina anche se «prima o poi» i problemi del partito andranno affrontati.
Le differenze che stanno emergendo nel Pdl riguardano proprio quel «prima o poi». Se i finiani adesso frenano, i tempi auspicati dagli ex Forza Italia sono brevi. Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto aveva già detto che il chiarimento ci sarà, dopo le elezioni regionali. Ancora più diretto Giorgio Stracquadanio, berlusconiano di ferro, che chiede di mettere sulla bilancia le due componenti. «Noi siamo pronti a contarci su quello che un anno fa anche i finiani votarono: il Pdl».
Non sono servite nemmeno le rassicurazioni sul fatto che la posta in gioco non è la leadership di Silvio Berlusconi. Almeno non nel breve periodo. «Non è una questione né di oggi né di domani», ha spiegato Perina, secondo la quale cè, al massimo, da decidere «un percorso» sul come si eleggerà il prossimo leader del Pdl. Lo stesso Fini ieri confidava ad alcuni parlamentari che «è emerso che io vorrei andare in guerra contro Berlusconi e non è vero».
Una cosa appare in modo sempre più netto: i finiani intendono fare politica dentro il Popolo delle libertà. Lo stesso Fini ha confidato che lunico aspetto positivo della vicenda è che «si è capito che di andarmene dal Pdl non ci penso proprio». Gli spazi sono angusti al di fuori dei principali partiti e la vera posta in gioco è il partito guidato da Silvio Berlusconi e, soprattutto, lelettorato che si riconosce nel premier.
Ma gli altri non sono disposti ad assecondare nemmeno questo gioco. «Facciamo attenzione» - dice il vice capogruppo dei deputati Pdl, Osvaldo Napoli riferendosi ai finiani e alle «dichiarazioni damore» verso il partito del centrodestra e il presidente del consiglio - «il confronto politico tollera un certo livello di ipocrisia e di simulazione, superato il quale la politica diventa unaltra cosa. Superiamo e vinciamo le elezioni regionali: poi si troverà un momento di discussione nel partito». No alle correnti e confronto subito, anche secondo il ministro dellAmbiente Stefania Prestigiacomo: «Il partito del centrodestra deve essere ancora costruito, dobbiamo aprire un vero dibattito. Non può avere questo assetto».
Lidea di una conta piace invece pochissimo agli ex An meno vicini a Fini. Ad esempio il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri che ha ribadito come le uniche conte in vista siano quelle «del 28 e 29 marzo», cioè le elezioni, e poi quella «dei partecipanti, che mi auguro numerosi, alla grande manifestazione che abbiamo indetto a piazza San Giovanni». Volontà di gettare acqua sul fuoco che non è condivisa dai finiani più radicali, come Donato Lamorte che ieri lamentava come nel Pdl «si governa con gli umori di una persona».
Comunque, il tappo dello champagne è saltato prima della mezzanotte. E il risultato è che un qualche chiarimento in tempi brevi ci sarà. Probabilmente, uno di quei bracci di ferro che il centrodestra ha già sperimentato. E che si sono sempre conclusi a favore di Berlusconi.
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