Politica

E i baschi sbarcano a Rimini per cantare contro i terroristi

Sono gli «alpini dei Pirenei». Nati 60 anni fa, combattono gli estremisti: «Chi usa le bombe è il 5%, noi stiamo col 95 che vuole la libertà»

nostro inviato a Rimini

Non hanno la penna nera in testa, ma un fazzoletto rosso sul cuore. Però hanno le montagne, l’affetto di tutto un popolo e una voce che germoglia dalla terra proprio come quella degli alpini. Sono il coro «Oldarra», che cantano l’anima dei Paesi Baschi come le fanfare delle penne nere cantano lo spirito italiano dal Piave in giù. Alpini dei Pirenei, alpini che invece degli austriaci hanno come nemici i terroristi.
Pensi ai Paesi Baschi e ti sibilano addosso le bombe dell’Eta, la liberazione del pluriomicida De Juana Chaos che ha scandalizzato la Spagna, le manifestazioni pro-amnistia. Ma lo «slancio» di questi soavi e rustici vecchietti (a parte tre o quattro sfoggiano tutti rughe sapienti e baffi sale-e-pepe) va oltre. Per esempio va oltre la frontiera franco-spagnola, perché Oldarra ha sede a Biarritz, paese basco francese, ma si esibisce in tutto il mondo. E poi va oltre i pregiudizi e le violenze. Solo sulle ali delle quattro voci di un coro.
«Il Maestro Inaki Uritzberea lo dirige dal '72, ma sono oltre sessant’anni che esistiamo. Il fatto stesso che ogni anno allarghiamo il nostro pubblico testimonia come il canto popolare sia un’unica cosa con l’anima del nostro popolo», spiega il presidente della fondazione Pierre Larrandaburu. Già, il popolo basco. Il più antico d’Europa, che parla l’unico idioma non indoeuropeo del continente. Gente che da anni cerca la serenità, a costo di sparare: «Noi non siamo quella parte di Euskadi. Quelli che sparano sono minoranze, alle elezioni prendono il 5%. Noi diamo voce a quel 95% che vuole solo vivere in democrazia, come già accade ora».
Eppure la musica, la stessa che in gorgheggi e assolo da brividi Oldarra utilizza per unire la gente, può essere usata per sostenere l’indipendentismo, l’ossessione nazionalista. I complessi punk degli anni Ottanta, come i Kortatu che cantavano le evasioni degli etarra, fanno proseliti: «Sono ragazzi che non comprendono come la violenza sia fuori tempo. In Francia nessuno ha mai oppresso i baschi, in Spagna Franco li ha perseguitati. Per questo la loro reazione trent’anni fa poteva essere comprensibile. Ora però è solo violenza insensata, perché i nostri bambini imparano la lingua euskera a scuola e nessuno ci vuole più rubare l’identità».
Oldarra è nato in quegli anni, quando i rifugiati spagnoli si nascondevano in Francia, nella regione di Labort. «Hanno portato le loro danze, i canti, il teatro popolare. E nel 1936 Oldarra è nata per tramandare questo patrimonio. Poi, via via, ci siamo specializzati nel canto maschile e con Inaki abbiamo fatto tournee in tutto il mondo». Ma in Euskadi è diverso, lì incarnano la malinconia più atavica delle donne come la robusta scorza dei pescatori. Sono inimitabili e celesti come l’Izarra, il liquore di fiori di montagna con il nome di «Stella»: «Noi amiamo il Paese Basco esattamente come i terroristi - conclude fiero Pierre -. Loro non ci fanno paura.

Devono sapere che non la pensiamo come loro e glielo facciamo sapere cantando la pace e le radici di questa nazione. Un po' come fanno gli alpini da voi. Siamo anche gemellati: siamo venuti a cantare “Sulle bianche cime” in Val d’Aosta, sa?».

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