E i finiani falliscono l’ultimo agguato

RomaAlcuni lo giudicano un tentativo finito male di mostrare i muscoli finiani a Silvio Berlusconi. Altri, una risposta alla freddezza del premier di fronte alla mano tesa di Gianfranco Fini. In altre parole, un mini movimento di truppe senza volontà di fare troppo male.
Di sicuro alla Camera qualcosa è successo. Un brusio tra i banchi dei finiani mentre si consumavano le battute finali della manovra, molti squilli di telefono e, di seguito, qualche uscita dall’Aula e più d’una faccia perplessa tra gli stessi deputati che si rifanno al presidente di Montecitorio. Indizi che Giancarlo Lehner, deputato berlusconiano, non ha avuto difficoltà a mettere insieme per ricostruire un quadro poco rassicurante: «Stanno cercando di mandarci sotto sugli ordini del giorno della manovra». Alcuni finiani mancavano all’appello durante le votazioni che precedevano l’approvazione definitiva del provvedimento. Che non era un provvedimento qualunque, ma la manovra da 25 miliardi di euro richiesta dall’Europa per fare fronte agli effetti della crisi sulle finanze pubbliche. Talmente importante che persino le opposizioni di centrosinistra hanno, di fatto, auspicato che venisse approvata in fretta.
Priorità non sentita da tutti nel Pdl, a sentire Lehner, che ha raccolto la versione dei fatti di colleghi direttamente interessati. «Italo Bocchino ha telefonato ai deputati del Pdl chiedendogli di uscire dall’Aula. Vuole mandare sotto la maggioranza». Un’operazione ribattezzata «telefono nemico», ma alla quale i finiani non avrebbero dato quella risposta da falange macedone che i «falchi» si aspettavano. Poco dopo, infatti tutti sono rientrati nelle rispettive postazioni e il sì alla manovra - 321 a favore contro 270 no e 4 astenuti - è andato liscio come l’olio.
L’inversione di rotta sarebbe arrivata dopo un intervento diretto di Fini, informato da deputati perplessi per l’ordine di scuderia di fare l’opposizione. Oppure - sostiene Lehner - quando Bocchino si è accorto che la prova di forza rischiava di diventare una dichiarazione di debolezza; la dimostrazione che la golden share dei finiani non esiste. Una prova generale da capogruppo che Bocchino non ha superato. E anche un comportamento che cozza con l’ultimo post sul sito di Generazione Italia, dove Bocchino sostiene che la differenza tra Fini e Berlusconi sta nel «senso di responsabilità», che il primo ha e il secondo no
Bocchino, comunque, ha smentito seccamente. «Siamo tutti qui a fare il nostro dovere. Chi mette in giro certe cose non sa quel che dice...». Fonti finiane ammettevano invece che tutta la giornata è stata dedicata a tattiche per dimostrare all’altro pezzo di Pdl che esistono e, se vogliono, possono dare fastidio. Una reazione alla sospensione annunciata.


L’episodio della manovra, la riunione di Generazione italia in piena sessione di bilancio, fino alle voci sull’imminente formazione del gruppo, fanno parte di questa strategia. Così come le cifre che hanno fatto circolare sull’entità del nuovo gruppo: 35. Solo se entrano i rutelliani e l’Mpa, replica la maggioranza. «E comunque, non determinanti, come dimostra l’episodio della manovra».

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