nostro inviato a Budapest
Ancora una volta Flash Gordon, come la canzone dei Queen che gli fa da colonna sonora in ogni gara. Ancora una volta campione e sono attimi di gioia, voglia di coinvolgere tutti. Magnini è radioso, bandiera dItalia sulle spalle, riceve il buffetto da Petrucci, presidente del Coni arrivato giusto in tempo per celebrare loro che tutti attendevano. Ora è tutto più facile, anche a parole. «Ero venuto per vincere e ce lho fatta. Stavolta non conta il tempo, ero molto stanco». Un ritornello che ripete da qualche giorno: la gara sui 200 gli ha appesantito la testa e le braccia. Ma ora, dice lui, è soddisfazione doppia. «È più bello vincere faticando». E stavolta è stata fatica totale. «Più di sempre, più dellaltro europeo e del mondiale. Qui ho imparato che si può vincere anche con la testa e il cuore quando non hai più forze».
Se ne sono accorti tutti. Nella vasca di ritorno Magnini diventa un motoscafo da mille cavalli, ieri ne ha usati cinquecento. «Ho fatto una gara dattacco, volevo passare ai 50 metri con gli altri. Ho guardato dove stava van den Hoogenband. Quando ho visto che non veniva fuori, ho capito di potercela fare. Non ho fatto un bel ritorno, non è stato uno dei migliori, ho faticato tanto, anche a prendere il francese. Ma contava vincere».
Goloso e sincero. Affaticato e ingolosito. Dice: «È stata unemozione battere il campione olimpico». Garantisce: «Sono stanco, però mi sono divertito». Poi lancia lultima ideaccia: «Adesso mi piacerebbe portare a casa cinque medaglie: ho vinto con la staffetta e nei 100, ho preso il bronzo nei 200. Restano due staffette, potremmo farcela». E la famosa stanchezza? Ci penserà alla prossima gara. Intanto ieri ha scoperto qualcosa di nuovo: «Mi sto comportando bene in tutte le gare, significa che sono cresciuto con gli allenamenti, sopporto la fatica: uno o due anni fa non ce lavrei fatta». Confessioni e sorrisi sono tuttuno. Prima dei 100 di Madrid, la sorella aveva scritto il risultato su un biglietto. E stavolta? «Non ha segnato niente. Però va bene così». Ovvero: tutto è bene quel che finisce bene. Anche le feste.
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