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E l’Iran va allo scontro con la Ue A processo anche una francese

Herat (Afghanistan)Lo chiamano processo, ma è la solita scontata messinscena. Quella usata da anni per metter in bocca a dissidenti e oppositori le confessioni di crimini e complotti mai commessi. È iniziata il primo d’agosto con l’ex vicepresidente riformista Mohammad Abtahi costretto ad ammettere di aver progettato una «rivoluzione di velluto». È continuata ieri con il coup de théâtre di Clotilde Reiss, una 24enne neolaureata d’Oltralpe, arrestata all’aeroporto di Teheran il 1° luglio e trascinata in aula con l’accusa di essere una spia arrivata in Iran sotto le mentite spoglie d’insegnante di francese. La francesina alla sbarra in velo e mantello nero non è solo un capro espiatorio. Spera nella grazia Clotilde Reiss. Che in questa seconda puntata del processo a oltre cento dissidenti, rappresenta la prova in carne ed ossa delle connivenze tra i riformisti e quelle potenze occidentali decise a colpire al cuore la Repubblica Islamica usando la scusa delle frodi elettorali.
«È accusata di aver raccolto informazioni e di aver provocato i disordini», spiegano le agenzie di regime rilanciando i comunicati ufficiali. La regia non si ferma a Clotilde. Per completare il grande intrigo internazionale siedono accanto a lei anche Nazar Afsahar, dipendente iraniana della sezione culturale dell’Ambasciata di Parigi e Hossein Rassam, il capo analista della rappresentanza britannica arrestato nei giorni delle proteste assieme ad altri sette colleghi. Grazie alla presenza di quei due coimputati mademoiselle Clotilde diventa una delle punte della triade internazionale sospettata di aver alimentato i disordini e passato informazioni alle ambasciate straniere. Le confessioni estorte nei lunghi e solitari giorni nel carcere di Evin sono lì a dimostrarlo. «Ho scritto un rapporto di una pagina e l’ho sottoposto alla sezione culturale dell’Ambasciata francese», ha ammesso la professorina reduce, nei giorni delle proteste, da almeno due manifestazioni studentesche nella città di Isfahan.
L’errore fatale, quello costatole il primo luglio l’arresto all’aeroporto, è stata la tentata partenza su un volo dell’Air France diretto a Parigi. «Non volevo fuggire, la partenza era programmata – si giustifica l’imputata - avevo partecipato alle manifestazioni del 15 e del 17 scattando fotografie e filmando, ma l’avevo fatto per curiosità, per rendermi conto della situazione e capire cosa succedeva». Non sa che nell’Iran di Ahmadinejad la curiosità non è ammessa. Per incastrarla basta l’ammissione, resa negli interrogatori a porte chiuse, di aver indirizzato una paginetta d’informazioni a Nazar Afsahar. Quella confessione rappresenta la pistola fumante, la prova dei legame tra la giovane insegnante e la sezione diplomatica dove Nazar raccoglieva informazioni destinate a Parigi. Nazar del resto ha confessato pure lei di esser al soldo degli stranieri. Ha ammesso di aver ricevuto l’ordine di aprire le porte dell’ambasciata per offrire rifugio ai dimostranti feriti e ricercati. Clotilde - malgrado Parigi smentisca tutto e il presidente Nicolas Sarkozy ne chieda l’immediato rilascio - è dunque il trait d’union indispensabile per provare i legami tra l’opposizione e la Francia. Il tutto per lo sgomento dell’allibito papà Reiss che apprende dal telegiornale l’inizio del processo alla figlia. «Non ne sapevo niente, sono assolutamente sorpreso - ripete - mia figlia è innocente, non esistono prove che dimostrino le accuse contro di lei».
Molto peggio di Clotilde sta però Hossein Rasham, l’impiegato iraniano dell’ambasciata britannica accusato di spionaggio. Per lui le accuse sono ancor più gravi, visto che gli hanno fatto confessare di aver raccolto informazioni destinate a Washington. «Gli americani non hanno strutture per verificare quanto avviene in Iran e date le strette relazioni tra Washington e Londra, l'ambasciata britannica a Teheran inviava negli Usa i dettagli raccolti sulle manifestazioni» ammette in aula Rasham, che subito dopo si scusa con la nazione iraniana e implora il perdono della corte.

Una mossa obbligata per salvare la pelle e garantire agli inquisitori la conclusione della grande sceneggiata, che la presidenza svedese dell’Ue ha condannato come diretta «contro tutta l’Unione Europea».

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