La notizia è semplice,detta in soldoni.L’altra sera, per lapartita d’esordio della Nazionale ai Mondiali sudafricani, l’Italia si è fermata. Il 63 per cento di audience registrato da Italia-Paraguay con quasi 19 milioni di persone davanti a Raiuno (alle quali vanno aggiunti gli oltre 2,5 milioni di telespettatori sintonizzati sui canali Sky) ha prodotto un calo della domanda di elettricità di 750 mega watt rispetto ai consumi attesi. In pratica, un valore equivalente al consumo medio di una città come Torino. Fin qui niente di nuovo, direte voi. Però c’è un però. Anzi, più d’uno. Al netto delle polemiche sull’Inno di Mameli, la stragrandissima maggioranza degli italiani tifa Italia e ci mancherebbe. E forse i vari Calderoli, Bossi jr. e Radio Padania dovranno farsene una ragione, prima o poi. Hanno invece ragione fin da subito i calciatori azzurri quando dicono che la Nazionale è un elemento unificante del Paese (e non a caso hanno deciso di devolvere più che simbolicamente l’eventualissimo premio finale alla Fondazione per l’unità d’Italia). L’ultimo grande avvenimento Nazional- popolare. Unificante per l’appartenenza e per il tifo, certo. Ma anche, a quanto sembra, per i consumi e i risparmi di watt. La causa del fenomeno, immaginiamo calcolato dall’Enel, deriva dal fatto che durante le partite di cartello ristoranti, cinema e locali restano chiusi, sia per scarsità di clienti che per interesse diretto dei gestori. Anche nelle case private, però, si registra una forte flessione dei consumi di elettricità perché i match di Cannavaro e soci vengono seguiti abitualmente a luci spente. In sostanza, la Nazionale spegne l’Italia e resta la sola televisione a illuminare le case degli italiani, dal paesino di provincia al grattacielo metropolitano. Sebbene continuino a nascere nuovi canali e si parli di frammentazione degli ascolti, di palinsesto personalizzato, di parcellizzazione dei media, da internet alla pay tv, dall’iPod al dvd, poi quando gioca la Naziona-le, quando c’è la finale del Festival di Sanremo o della Champions League, siamo tutti lì davanti alla solita scatola magica o, per dirla in modo più tecnico, davanti alla televisione generalista - o a quelle in grado di irradiare il cosiddetto Grande Evento - che continua ad essere il cuore pulsante della convivenza civile. Pasolinil’aveva drammaticamente e allarmisticamente previsto negli anni Sessanta preconizzando che più che la scuola sarebbe stata la televisione a unificare il Paese. Ci avrebbe fornito una lingua comune. E anche un’agenda civile collettiva, un calendario comunitario dal quale, anche se ognuno coltiva gusti e preferenze particolari, sarebbe stato difficile estraniarsi. Tuttavia, sembrava che ora con la proliferazione dei canali e delle piattaforme tv, con il dispiegarsi delle potenzialità della rete e il perfezionarsi della tecnologia e dei videogame, il potere unificante del Teleevento potesse essere messo in discussione e ridimensionato. Invece, ci vorrà ancora tempo. In ascensore o al bar o in ufficio davanti alla macchinetta del caffè, la maggioranza degli italiani parla del tempo o di quello che ha visto in televisione la sera prima perché sono argomenti comuni e condivisi (non come le famose riforme). Forse qualcosa va sgretolandosi nella muraglia dell’audience dei telegiornali istituzionali o dei varietà del sabato sera. Ma per i grandi fatti nazionali o internazionali come Olimpiadi o Mondiali di calcio, la gente comune si identifica nella stessa lingua e negli stessi simboli. Anche quattro anni fa, in Germania, si verificò un calo dei consumi elettrici per le partite della Nazionale: -630 mega watt rispetto al consumo previsto per la partita d’esordio con il Ghana, addirittura -2000 mega watt per il match con la Germania, nostra rivale tradizionale, incontrata in semifinale. Insomma, per far risparmiare le famiglie - e sarebbe un circuito virtuoso - basterebbe aumentare i grandi avvenimenti sportivi o di spettacolo. La gente resterebbe in casa e il gioco sarebbe fatto. A quel punto - e qui scatta il contraccolpo depressivo - sarebbero gli economisti e gli investitori pubblicitari ad allarmarsi perché, un po’ alla volta, ne risentirebbero i consumi e il Pil. Ma in realtà c’è poco di che allarmarsi.
Perché, come nelle diete non basta saltare un pasto per dimagrire, così anche il consumismo avrebbe presto la sua rivincita. E tutti gli spot che infarciscono le sempre più frequenti partite del secolo o le imperdibili finali di Sanremo, alla lunga produrrebbero il loro effetto. Seppur ritardato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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