E l’Unione chiude Padoa-Schioppa in cabina

L’Unione ha tirato fuori dal cilindro un nuovo metodo di coordinamento: la Cabina del Papocchio, evoluzione della vecchia Cabina di Regia. Spieghiamo perché. Una legge non scritta della politica italiana stabilisce che quando in un governo qualcuno comincia a dichiarare che, prima di prendere le decisioni, il presidente del Consiglio deve tener conto delle «esigenze di coordinamento», della «necessaria collegialità», del «confronto con gli alleati», del «negoziato costruttivo» significa che: 1) il suddetto presidente del Consiglio, o qualcuno dei suoi, ha fatto qualcosa di testa sua che ha irritato i suddetti alleati costruttivi; 2) bisogna dunque mettergli il guinzaglio, altrimenti saltano accordi, alleanze e poltrone. Di solito il suddetto guinzaglio, nella terminologia secondorepubblicana debitrice verso il linguaggio cinematografico, assume il nome politicamente corretto di «cabina di regia». Che è una maniera molto, molto educata per non pronunciare il termine «commissariamento», troppo poliziesco, o l’espressione «primato della coalizione sui singoli», troppo passatista. Ma se anche la Repubblica scrive, testuale, che «il trionfatore dell’11 aprile, da qualche settimana somiglia a uno sciatore che inciampa disastrosamente sui paletti della pista» e che «gli ci vorrebbe un amico sciatore, che gli spiegasse quanto è difficile vincere una gara di slalom senza scendere dal piedistallo», vuol dire che sono molti gli aspiranti commissari politici in fila sulla seggiovia del governo Prodi.
Si ricorderà benissimo, e qualcuno l’ha fatto, che l’evocazione della «cabina di regia» non è terminologia estranea anche al linguaggio del centrodestra quand’era maggioranza di governo. Il tira e molla sulla «cabina di regia» tenne banco in più occasioni, tra l’estate 2003 e la primavera 2004, come ipotesi di uscita nel conflitto che era scoppiato tra An e Udc, da un lato, e l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Allora sempre Repubblica, in perfetta sintonia con i media vicini al centrosinistra e pure quelli «terzisti», parlò del tentativo di mettere - anche questo testuale - una «museruola» al ministro dell’Economia. Che appariva una specie di Prometeo incatenato alla roccia con gli alleati che gli rosicchiavano il controllo delle poste di bilancio e, riteniamo, non gradì molto l’analogia. Sappiamo com’è andata a finire. Chissà come reagiranno Romano Prodi e il ministro bifronte Padoa Vischioppa, e cosa scriveranno nei prossimi giorni gli stessi giornali di fronte alle dichiarazioni rese da Pietro Folena a questo giornale («cabina di regia sulla manovra»), da Francesco Rutelli («è necessario un coordinamento maggiore») e, tanto non smentirsi, da Pecoraro Scanio («ci vuole più coordinamento nelle iniziative»), e poi da Enrico Boselli, Antonio Di Pietro, Oliviero Diliberto, Beppe Fioroni, solo per citarne alcuni, a poche ore dalla presentazione della legge finanziaria. Perché, in verità, la situazione pare piuttosto confusa e certamente peggiore di quella che all’epoca del governo Berlusconi scatenò l’ilarità dei corsivisti. Qui le cabine di regia da mettere in piedi in pochissimo tempo sarebbero almeno tre: tra Prodi e i suo ministri, tra i ministri e i loro partiti, e tra gli stessi partiti (perlomeno Margherita e Ds) al loro interno. E non ci vorrebbe pure una Cabina delle Cabine? Il bello è che tutti si aggrappano allo stesso totem, il programma dell’Unione, per accampare ragioni e pretese. E così il film della Finanziaria, con una regia collettiva, avrebbe già avuto una trama piuttosto farraginosa.

Con tre tavoli «creativi» (e senza dimenticare, tanto per peggiorare l’atmosfera, l’imperativo della concertazione), l’aria dentro la Cabina diventa irrespirabile, e il film della Finanziaria un Papocchio. Cosa risponderà Prodi a Folena, Rutelli e Pecoraro Scanio? «Ma siamo matti»? Non lo crediamo. Buona visione.

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