E Milano è pronta ad aprire un casinò

Ok del Comune ma serve la deroga del governo. Il progetto: riconvertire una cascina alla periferia ovest della città. Potrebbe essere pronto per l'Expo. La roulette sotto casa? E' una beffa

E Milano è pronta ad aprire un casinò

Milano - Faites vos jeux... rien ne va plus... Per sentire questa frase, che ai più non dirà molto, ma alle orecchie di qualcuno suonerà come il canto delle sirene - quelle dell’Odissea s’intende - non sarà più necessario andare fino a Saint Vincent o a Sanremo... basterà passare da Milano. L’Italia potrebbe così fare «cinquina» aggiungendo una nuova sala da gioco a quelle di Campione, Venezia, Saint Vincent e Sanremo.

Questa la proposta - sui cui vige il riserbo più stretto - arrivata al Comune di Milano qualche tempo fa. «Il Comune ha dato piena disponibilità a concedere l’autorizzazione - risponde Carlo Masseroli, assessore allo Sviluppo del territorio del Comune di Milano -. L’amministrazione non verserà un euro, ma, se i proponenti troveranno un luogo da restaurare o da riadattare, concederemo tutti i permessi».

Milano sogna d’azzardo. Non è la sola: ogni anno la fila delle città che vorrebbero ospitareuncasinòsi allunga. Ci hanno provato Rapallo, Capri, Taormina. Ora tocca a Milano: spera di farcela ottenendo la deroga del governo per motivi speciali. L’Expo, per esempio. Un particolare da tenere in considerazione: la legge vieta ai residenti di giocare nelle sale della propria città, et voilà anche l’escamotage è servito. Il casinò, infatti, potrebbe sorgere in qualche cascina a nord di Milano, per permettere anche ai milanesi di giocare. Le sedi più gettonate? I comuni di Rho o di Pero, dove nel 2015 - come è noto - si svolgerà l’Expo.

Dire casinò significa, infatti, un giro di affari pari a 191 milioni di euro, cifra raggiunta nel 2007 dal Casinò di Venezia, con un milione e 48mila presenze. Ma i casinò non sono certo solo sinonimo di lusso, soldi e gioco, soprattutto per i comuni che li ospitano. Sono molteplici le attività promosse dalle sale da gioco: basta leggere, per esempio,lo statuto del Casinò di Venezia spa, per farsene un’idea. «Gestire l’esercizio della casa da gioco a favore del Comune di Venezia, per l’interesse generale della collettività, massimizzando le entrate tributarie percepite dal Comune stesso. Casinò Spa sostiene progetti culturali, sportivi e iniziative a scopo umanitario». Il 58,13% delle spese correnti del Comune di Venezia, infatti, viene coperto con le entrate del Casinò, e, se l’Ici sulla prima casa a Venezia è la più bassa d’Italia, è sempre merito della casa da gioco. Nel 2006 il Casinò di Venezia ha erogato 5 milioni di euro per attività sociali, culturali e sportive. Tutti gli introiti della casa da gioco, cioè 214 milioni di euro nel 2006, vengono incassati come entrate tributarie dal Comune lagunare, che periodicamente, però, riconosce alla società il compenso per la gestione. E, se il timore fosse quello di incentivare la febbre del gioco, è subito fugato: la società che gestisce la sala, infatti, ha lanciato un progetto di lotta alle patologie di gioco.

Insomma, il Casinò a Milano, o nei comuni limitrofi, porterebbe non solo un bel girod’affari ma anch emovimento: lo studio di fattibilità consegnato all’assessore Masseroli parla di un milione e 80mila

ingressi di provenienza lombarda, e di 720mila ingressi di provenienza non lombarda. Numeri che farebbero registrare introiti pari a 360milioni di euro, di cui187 milioni potrebbero entrare dritti nelle case del Comune.

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