Emiliano Farina
da Roma
«Entro due giorni schiereremo mille uomini nellarea di Tiro». Ma lintero contingente «sarà operativo tra la fine di ottobre e la prima settimana di novembre quando arriveranno gli altri 1.500 soldati».
Ad annunciare ufficialmente tempi e numeri del dislocamento delle truppe italiane nel Libano meridionale, è il capo di Stato maggiore della Difesa, lammiraglio Giampaolo Di Paola. Oltre agli aspetti logistici (800 soldati schierati oggi e i restanti 200 domani con il passaggio delle consegne tra militari italiani e Unifil «che dovrebbe avvenire nel giro di una settimana»), Di Paola spiega quale sarà lo spirito delloperazione Leonte. E lo fa insieme al ministro della Difesa, Arturo Parisi. «Dialogare con tutti, e quindi anche con gli hezbollah».
I bracci militare e politico che governano la missione degli italiani in Libano parlano dal Kosovo dove ieri lItalia ha ceduto il comando della missione Kfor alla Germania. Ma se nei Balcani la situazione appare tranquilla, in Medio Oriente cè un nodo che continua ad alimentare dubbi sulla pericolosità della missione: come si dovranno comportare gli italiani di fronte ai miliziani armati del Partito di dio? Parisi precisa che «il soldato chiederà al suo comandante e non al governo di Roma. Da questo momento in poi le nostre truppe sono caschi blu dellOnu e quindi si devono attenere alla risoluzione 1701». Riguardo alla presenza delle «bombe a grappolo» disseminate proprio nellarea di Tiro, il ministro rassicura: «Ci sarà unattività di bonifica e faremo attenzione».
Incalzato sullapplicazione pratica delle regole dingaggio, Parisi aggiunge che «il soldato dovrà denunciare alle autorità leventuale presenza di armi». Quindi è il turno di Di Paola. «Interverremo dintesa con le forze armate libanesi affinché le uniche armi presenti nel sud del Libano siano quelle legittimamente intestate allesercito di Beirut e allUnifil. Nel caso questo non dovesse accadere, le forze Onu dovranno intervenire (dintesa con lesercito libanese) per prendere il controllo delle armi in possesso di Hezbollah». E sulla pericolosità delloperazione, Di Paola sottolinea: «La missione italiana è particolarmente complessa ma le difficoltà sono più sul piano politico-militare che sul terreno». La strategia che lItalia adotterà si basa sul «dialogo con tutte le parti del popolo libanese, e quindi anche con gli hezbollah che ne sono parte integrante», rilevano entrambi.
Un altro punto importante della missione riguarda i finanziamenti. E, come per la concreta applicazione delle regole dingaggio, i dubbi non mancano. A sollevarne uno è lo stesso Di Paola.
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