Politica

E il ministro taglia i fondi agli asili di Milano

Niente pù contributi statali a meno che il sindaco Moratti non faccia retromarcia

da Milano

Posti a rischio negli asili milanesi. Inutile manifestare davanti a Palazzo Marino: l’indirizzo per le proteste non è il Comune di Milano ma il ministero dell’Istruzione. Che ieri ha avviato il procedimento per revocare la parità alle materne comunali, a decorrere dall’anno scolastico 2008-2009. Tradotto: Milano non riceverà gli 8 milioni di contributi statali - già una goccia, se si considera che il Comune stanzia 100 milioni di euro l’anno per gestire 170 asili che danno posto gratis a più di 21mila bambini - e sarà dunque costretta a rivedere l’offerta del servizio.
Il braccio di ferro tra governo e Comune era partito il 9 gennaio. Il ministro all’Istruzione Fioroni aveva contestato la circolare con cui Milano da quest’anno dichiara di accettare solo le iscrizioni dei genitori stranieri che entro il 29 febbraio abbiano ottenuto il permesso di soggiorno o dimostrino di averlo chiesto. L’assessore ai Servizi sociali Mariolina Moioli ha più volte sottolineato che «così gli stranieri che si mettono in regola sono più tutelati».
Un atto «razzista» per il ministro Fioroni: o Milano entro 10 giorni corregge la circolare e accoglie anche i figli di clandestini o il governo toglie la parità alle strutture comunali e taglia i fondi. Il Comune sabato scorso aveva risposto alla diffida: «Servono regole chiare e certe, il quadro normativo è troppo confuso, di difficile interpretazione a causa di una serie di norme che in più punti evidenziano incoerenze e contraddizioni». L’attuale situazione legislativa, ribatteva la Moratti «non può essere legittimamente imposta a un Comune che garantisce una concreta integrazione dei minori stranieri e delle loro famiglie». Conclusione: Milano sarebbe costretta a rinunciare a parità e fondi statali, tagliando i posti a disposizione dei cittadini.
Ma Fioroni non cambia idea: la nota inviata ieri dal direttore scolastico regionale al Comune fa riferimento a principi di derivazione internazionale e comunitaria «recepiti dal nostro ordinamento» e sui quali «resta irrisolto il contrasto». «È pertanto incontrovertibile - continua - che costituisce illegittimo atto discriminatorio e violativo dell’ordinamento fare riferimento alla mancanza del permesso di soggiorno per negare la possibilità di presentare la domanda a chi ne faccia richiesta».

La revoca della parità «sarà ovviamente interrotta se l’amministrazione adeguerà la circolare alle norme vigenti».

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