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E Obama tassa i petrolieri per prevenire altri disastri

WashingtonAumentiamo le tasse ai petrolieri. L’annuncio, fatto dalla Casa Bianca mercoledì non ha trovato che consensi negli Stati Uniti e non soltanto perché nessun compagnia petrolifera osa fiatare e la gente del Golfo del Messico sta con il fiato sospeso in attesa di una buona notizia sulla marea nera.
La macchia di greggio provocata dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon il 20 aprile avanza. La British petroleum (Bp) e compagnie associate non hanno la minima idea su quando e come potranno arginare il greggio e i pescatori si arrabattano per dare un’interpretazione a quelli che sono stati definiti «danni legittimi» che verranno rimborsati.
In mezzo a questo caos la Casa Bianca ha proposto l’aumento di un centesimo di dollaro al barile sulla tassa che si paga per estrarre greggio negli Stati Uniti.
Se il Congresso approverà la legge, le compagnie petrolifere vedranno aumentare da 8 a 9 centesimi una tassa che avrebbe dovuto rimanere bloccata fino al 2017, quando, è già stato annunciato, ci sarà un ulteriore aumento di un centesimo.
Il centesimo in più voluto dal presidente Barack Obama servirà a pagare gli interventi della Guardia costiera e dell’Epa (Environmental protection agency) che in questi giorni lavora 24 ore su 24 per contenere i danni della marea nera e ripulire le zone colpite.
Secondo il presidente del comitato Finanze del Senato americano, Max Baucus, la nuova legge potrebbe essere votata già alla fine di questo mese. L’aumento di un centesimo al barile porterà nelle casse del governo 118 milioni di dollari l’anno che saranno spesi in programmi di risposta ai rischi provocati dalla marea nera.
Il Minerals management service, il settore del ministero dell’Interni che si occupa delle trivellazioni off shore, sarà inoltre diviso.
Una parte dell’Mms si occuperà esclusivamente dei sistemi di sicurezza pubblica e ambientale degli impianti petroliferi, mentre un secondo settore sovrintenderà le operazioni di produzione ovvero le concessioni demaniali e le tasse da riscuotere.
Allo studio al Congresso, c’è anche la proposta di legge per aumentare da 75 milioni di dollari a dieci miliardi il tetto massimo dei danni che possono essere richiesti alle compagnie petrolifere responsabili di grandi disastri ecologici.
Le cause dell’esplosione della piattaforma galleggiante continuano a essere misteriose. Martedì, davanti alla commissione del senato, i rappresentanti di British petroleum, Halliburton e Transocean si sono accusati a vicenda senza assumersi alcuna responsabilità per l’accaduto al di là del fatto che la Bp continua a ripetere che pagherà tutti i «danni legittimi».
Sul fronte del contenimento del greggio in uscita libera dalla falla, ieri una seconda (e più piccola) cupola di acciaio e cemento è stata calata in fondo al mare dalla Bp e potrebbe essere messa in funzione per bloccare il greggio a fine settimana.
Qualche giorno fa il tentativo di intrappolare il petrolio con una cupola più grande, alta 12 metri, è miseramente fallito. La compagnia britannica ha perfino chiesto aiuto sul web, alla disperata ricerca di idee per risolvere la crisi ambientale.
Centinaia di pescatori intanto fanno coda agli sportelli della Bp a Belle Chase in Louisiana per ricevere gli assegni. A loro è chiesto di presentare le prove del lavoro che hanno perduto, numero di targa dell’imbarcazione, copia della dichiarazione dei redditi e patente.


In media ogni pescatore riceve un assegno di circa cinquemila dollari, utilissimi sul momento, ma inadeguati se si pensa che non si ha la minima idea su quando e come sarà bloccata la marea nera e quando le barche da pesca potranno essere rimesse in mare.

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