E ora aspettiamo che «la Repubblica» bruci Vendola

Caro Granzotto, la soddisfazione per il magnifico risultato conseguito dalla destra in queste elezioni di medio termine ha evidentemente un rovescio della medaglia. Intendo riferirmi alla sconfitta della sinistra che era sicura (la sinistra è sempre sicura di tutto) di sbaragliare. Ed ecco che mi pongo e pongo a lei, che è dentro alle segrete cose, una domanda: che cosa farà adesso la sinistra, a chi affiderà la bandiera? Al solito Bersani? All’invadente D’Alema? Al tenero Veltroni o si rivolgerà ai «gggiovani», alle Serracchiane?
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E dagli con le segrete cose! Non vi sono dentro, caro Bonetti: so quello che leggo, sento e annuso. E sulle mosse dei diessini, su quali misure intendano prendere per far fronte a una ennesima Caporetto (parentesi: se seguitano ad affidarsi a candidati quali la Bresso o la Bonino, a batosta seguirà batosta. Matematico) il naso non mi dice niente. Probabilmente e anzi, sicuramente son lì che non sanno che pesci prendere, anche perché devono dapprima chiarirsi le idee sull’antiberlusconismo. A loro, alla sinistra intendo, ha sempre portato un sacco di guai, ma come fare a mollarlo, che poi significa consegnarlo a Santoro e a Di Pietro? Come continuare a esistere senza il Saratoga Silicone (ideologico) Sigillante del «Dàgli a Berlusconi!»? Bel problema. Ho udito un esponente diessino sostenere che dell’antiberlusconismo la sinistra non può fare a meno, però va cambiato l’alzo della bombarda antiberlusconiana, nel senso che il bersaglio non deve più essere il Cavaliere, ma il berlusconismo in generale. Pensi un po’ a quali salti mortali la sinistra è obbligata, caro Bonetti, per cercar di salvare capra e cavoli.
Chi invece s’è mosso subito è il partito della Repubblica. I repubblicones, si sa, hanno tempi di reazione fulminei. Le sbagliano tutte, ma almeno le provano. Sappia dunque che a Largo Fochetti puntano su Nichi Vendola. Lo rende noto un popolare e rispettato ideologo di parte repubbliconica, il quale a ferro elettorale ancor caldo ha sentenziato che lui solo (lui Vendola, non lui l’ideologo, anche se...) è in grado salvare dall’estinzione la sinistra «sinceramente democratica», che poi risulterebbe essere la parte sana e antropologicamente diversa della nazione. Non solo Vendola «ha inflitto agli strateghi eternamente perdenti del centrosinistra la più sonora batosta degli ultimi vent’anni» che, tradotto, significa l’aver legnato il povero Maxy D’Alema, il nemico numero due - essendo il Cavaliere al primo posto - dei repubblicones. Ma a insindacabile giudizio dell’ideologo avrebbe anche le carte in regola, avrebbe le credenziali giuste per guidare il Partito democratico al riscatto vittorioso su quell’ignobile, infrequentabile demonio di Silvio Berlusconi. E le carte sarebbero, oltre al suo essere «rock», l’altrettanto suo essere «comunista cresciuto in federazione, omosessuale dichiarato, ma cattolico fervente e praticante». Dove par di capire che la supremazia, l’eccellenza di Vendola risieda soprattutto nella congiunzione «ma». Per guidare il Partito democratico essere omosessuale punto e basta non è sufficiente. Però se oltre a essere omosessuali si è anche cattolici (purché ferventi e praticanti), allora è il massimo. Non mi chieda, caro Bonetti, se il lancio in orbita di Vendola avrà successo.

Il propellente, la Repubblica, è di prima scelta, ma c’è sempre quel fatto, quell’abbraccio stritolatore per cui ogni politico preso in carico e promosso da Largo Fochetti chissà come e chissà perché è infallibilmente votato al fallimento. Ragion per cui, fatti due conti credo che una segreteria Vendola i «sinceri democratici» possono anche sognarsela. E così, siamo al punto di prima.

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