Al Senato si fanno freneticamente i conti in vista del voto di oggi.
Il centrosinistra ieri ha dovuto fronteggiare la fiera opposizione di Mastella allarticolo 91, quello che mette un tetto ai compensi dei manager pubblici (accantonato per consentire al governo di trattare nottetempo col suo ministro), e il «no» di Ciampi. Lex presidente non mette piede in Senato da mesi, e non ha alcuna voglia di farlo oggi. Un voto di sicurezza in meno. In compenso, Mastella assicura di aver ottenuto da Cossiga la promessa di non venire a votare contro la Finanziaria, in cambio della garanzia che la commissione dinchiesta sul G8, che Cossiga non vuole, non passerà mai. Il trotzkista Turigliatto ha promesso che uscirà dallaula invece di votare no, ma resta lincognita Dini: i suoi tre voti (e magari, si sussurra, quello di Fisichella) bastano a mandar sotto Prodi.
Che però, secondo una vecchia volpe come De Mita, non cadrà oggi ma cadrà comunque, in tempi brevi. E secondo molti è proprio la trattativa che si è aperta sulla legge elettorale la mina che farà brillare il governo. Perché quella trattativa allontana lo spauracchio di elezioni anticipate che blocca la mano a tanti senatori, e fornisce la piattaforma a un eventuale governo «per le riforme».
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