Shopping, che musica. E certe volte che incassi. A radiografare altri aspetti del business a suon di canzoni e affini, l'ultima in ordine di tempo, è stata l'università Bocconi di Milano. I suoi esperti hanno sentenziato che «la musica in negozio può incrementare lo scontrino medio dal 2 al 10 per cento». Mica bruscolini.
Come ha raccontato il mensile Wired, a occuparsi dell'indagine su scala nazionale tema preciso l'uso della radio in store è stato il direttore del dipartimento Marketing dell'ateneo meneghino, al secolo Andrea Ordanini. I risultati, di primo acchito, appaiono interessanti, in special modo per chi nei mass-market deve far quadrare i conti. Dunque: la musica diffusa in negozio aumenterebbe «il tempo di permanenza» dei clienti. Che giudicano il sottofondo della cosiddetta radio in store «piacevole»; e la maggior parte delle volte renderebbe «più bello fare acquisti».
No, non solo clienti però. Pare che la muzak (e dintorni) sia apprezzata anche dagli addetti alle vendite, da chi è in prima linea nell'assistenza dei clienti. Ore e ore, magari in piedi, a parlare, a spiegare, a cercare di essere accattivanti con gli acquirenti. Ebbene, un po' di musica sostiene, dice chi lavora a contatto col pubblico.
E sempre Wired snocciola i dati di uno studio britannico: oltre il 40% dei proprietari dei negozi la musica può influenzare l'acquisto, per il 61% dei piccoli esercenti aiuta i dipendenti a essere più produttivi. E, dulcis in fundo, il 76% di chi va nelle agenzie di viaggio sostiene che un buon sottofondo contribuisce al relax.LuPav
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